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  • Intervista ad Andrea Duodo, Presidente della Federugby

    Intervista ad Andrea Duodo, Presidente della Federugby

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Intervista ad Andrea Duodo, Presidente della Federugby

E' iniziato un nuovo corso per il nostro Movimento

 

Si possono avere 112 anni e sentirsi ancora giovani. Anzi, si può addirittura rinascere. È questo il clima che si respira nelle stanze della Curva Nord dello Stadio Olimpico. Qui, si trovano gli uffici della Federugby. Dal 15 settembre scorso, c'è un nuovo Presidente che fa gli onori di casa. Al suo primo mandato, incontriamo Andrea Duodo, 54 anni il prossimo 8 febbraio, vanta esperienze esperienze lavorative che spaziano dallambito delle piccole medie imprese allambito di multinazionali del settore petrolifero, manifatturiero e assets management ed ha ricoperto ruolo di consigliere di amministrazione sia in società finanziarie che in un istituto bancario.

Cittadino di una terra che vive il rugby ed il basket, come una vera e propria religione. Treviso, da sempre è sinonimo di Sport ed il Massimo dirigente della palla ovale ci ha pure giocato ad ottimi livelli nella mitica Benetton in serie A. Tifoso juventino, vive in questa splendida cornice del nostro Belpaese, con la sua famiglia e fa il "pendolare" con la Capitale...

Presidente, se lo aspettava un successo così netto, 54,92 %, per la sua prima candidatura? 

 "È stato sicuramente un segnale espresso dalla base. C'era bisogno di un cambiamento per mettere in sicurezza i conti della Federazione e garantire un futuro all’intero movimento.
Abbiamo ereditato una situazione finanziaria complessa, testimoniata dai dieci milioni di passivo previsti dal bilancio preventivo 2024, con impegni assunti da chi ci ha preceduto sino al 2028 che andranno onorati.

Da tempo, nel mio precedente ruolo di Presidente dei Revisori, avevo lanciato degli alert per una situazione economica complessa: il principale obiettivo di questo Consiglio Federale è riportare la nave sulla giusta rotta e ridurre un delta tra ricavi e costi del -23%, il dato peggiore tra le Nazioni Tier 1. Ottimizzare gli investimenti e ridurre gli sprechi è necessario per il bene dell’intero movimento, il tempo dirà se abbiamo amministrato come bravi padri di famiglia”.

Qual è la bacchetta magica che userà? 

 "Nessuna rivoluzione, non sono e non siamo persone da facili proclami. Solo buon senso e lavoro di squadra. Il mio predecessore era un uomo solo al comando, io insieme ai colleghi del Consiglio voglio valorizzare e ridare dignità alla struttura, a chi collabora con noi da anni e conosce a fondo il pianeta rugby in tutte le sfaccettature. Con equilibrio e conoscenza approfondita della materia, daremo un indirizzo di professionalità che dovrà fare rima con sobrietà. Studio da lungo tempo i numeri del rugby e piano piano sono sicuro che raggiungeremo il breakeven che ci consentirà di programmare il prossimo futuro in modo più sereno”

Il tifoso medio vede i sold out del Sei Nazioni e non può comprendere una perdita del sistema rugby... 

"Il Sei Nazioni è una fantastica vetrina per la nostra attività, importantissima e bellissima, ma è appunto un vetrina. La nostra realtà però sono i nostri soci, le nostre 420 Società, gli oltre sessantamila giocatori che ogni fine settimana scendono in campo facendo vivere il movimento, giocando ad ogni livello con identica passione. Sono loro che abbiamo il dovere di sostenere, far crescere, supportare”.

Comunque nel ranking mondiale siamo al 10° posto. Da quel lontano 19 giugno 1999, con quella sconfitta di 101 a 0 con il Sudafrica ne è passato di tempo... 

"Sicuramente siamo cresciuti, diventando un movimento di alto livello. Pensiamo proprio alla Nuova Zelanda, al match di Novembre a Torino, é stato un grandissimo successo e abbiamo dimostrato competitività contro una delle migliori Nazionali al mondo. Incassi alla mano abbiamo capito una volta di più che, anche ricordando gli 80 mila di San Siro del 2009, il tifoso preferisce magari pagare un po' di più ma vedere i propri Campioni a pochi metri. "

A proposito di stadi. Ma il Flaminio... 

“Se ne è parlato a lungo, soprattutto durante la gestione del Presidente Dondi. E’ un impianto storico, a cui ci legano moltissimi bei ricordi, a cominciare dalla prima partita del Sei Nazioni. Per le necessità del Sei Nazioni, oggi, avrebbe una capienza troppo limitata. Pensando ad un impianto ideale per il Torneo, oggi in Italia, uno stadio da 45-50.000 posti sarebbe pienamente rispondente alle nostre esigenze”.

Sarà impossibile ospitare una Coppa del Mondo in futuro? 

“Con il 2027 in Australia ed il 2031 negli Stati Uniti, la prima data utile non sarà prima del 2035. Ma immagini la complessità di una manifestazione di sessanta giorni, in piena stagione calcistica, con le limitazioni di impiantistica sportiva che caratterizzano oggi il nostro Paese. Forse un ticket con un’altra Federazione potrebbe essere una soluzione percorribile, è una strada su cui Presidenti che mi hanno preceduto hanno già fatto delle riflessioni. Ma ripeto, oggi le nostre priorità sono altre”.

Tra pochi giorni gli Azzurri parteciperanno al loro 26esimo Sei Nazioni. Siete carichi?

"I test match di Novembre sono andati molto bene. Il finale della scorsa edizione sicuramente ha accresciuto la consapevolezza di una squadra in crescita, che guarda ai Mondiali del 2027 come all’evento della maturità sportiva di questo gruppo. Sono i frutti del lavoro svolto nelle Accademie e nei Centri di Formazione Permanente, un progetto tecnico che paradossalmente la precedente presidenza ha combattuto, salvo fregiarsi dei risultati sportivi che da quel progetto sono derivati. Noi puntiamo ad essere gli autori di una nuova semina, insieme alle nostre Società. E se non saremo noi a raccogliere, tra qualche anno, poco male”.

Il rugby non avverte l'effetto Olimpiadi come altri sport. Quando si spengono le luci della ribalta, in questo caso il Sei Nazioni, si rischia di tornare nel dimenticatoio...

Non sono d’accordo, oltre al Sei Nazioni abbiamo in test-match, una crescente attenzione mediatica sul Sei Nazioni Femminile, la Rugby World Cup. Le due franchigie, Benetton Rugby e Zebre Parma. E, insieme alla Lega, che abbiamo riconosciuto poco dopo le elezioni, l’obiettivo è di rilanciare il campionato come prodotto sportivo e valorizzarlo mediatamente e commercialmente. Senza dimenticare i campionati minori, le forme di gioco alternative come il touch, il flag, tutti strumenti essenziali per avvicinare nuovi praticanti e nuovo pubblico al rugby, per farlo vivere ai nostri Club 365 giorni l’anno”.

Lei è da poco in Consiglio Nazionale, qual è la sua posizione su un quarto mandato per il Presidente Malagò?

“Sono un uomo di numeri e di cifre e, come ogni rugbista, sono per il rispetto delle regole. Ma sono anche per riconoscere il merito, per dare fiducia a chi ha svolto il proprio lavoro al meglio: le regole possono essere cambiate o adattate, per dare continuità a gestioni di successo. Da veneto, vivo la stessa situazione anche con il Governatore Zaia: è un peccato rinunciare a persone di provata competenza e passione”.

Grazie Presidente la saluto e la ringrazio per la disponibilità, ma devo andare che tra 10 minuti devo stare a casa, sa, con il traffico di Roma…

Fare il Presidente è un lavoro a tempo pieno, lo sto imparando sulla mia pelle. Sono partito stamane alle quattro, ho il volo tra poco per tornare a Treviso, sarò a casa per le undici e domani mattina presto sarò nel mio studio…”

Se questo non lo chiamiamo spirito di servizio... 

 

 

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