Vai col tango
Nella terra del calcio e della rivoluzione e del ballo e benedetta dall’alto. Molto alto.
Amo il calcio da quando sono nato. Una passione viscerale che è insita in tanti italiani come me. Quelli che hanno vissuto i mondiali del 1982, le partite contro l’Argentina, il Brasile e la finale con la Germania. Amo la poesia del calcio e tutto ciò che gli gira intorno. Amo l’arte. Amo la musica. Amo ballare. Amo il caldo. Amo la buona cucina. Amo viaggiare. Adoro il mio Direttore. Non faccio in tempo a spogliarmi dei ricordi, che già mi indica una nuova mèta da raccontare. E stavolta è una nazione che è tanto distante quanto vicina, dove un italiano su tre ha un pezzo di famiglia. Dove se lo dici ad un napoletano che stai andando lì, ti racconta la vita e la morte e i miracoli del “numero 10”. Dove sono impaziente di andare. Argentina.
Se snoccioli i primi nomi che ti vengono in mente da associare a questa incredibile terra, ti rendi conto della magnificenza, della grandezza, della immensità, che mi sento quasi in imbarazzo a citarli: Ernesto “che” Guevara ed Eva Peròn e Astor Piazzolla e Alfredo Di Stefano e Juan Manuel Fangio e Diego Armando Maradona e Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo e Martin Leandro Castrogiovanni e Papa Francesco.
Che solo a scriverli mi sento timorato da Dio.
Come sempre non ci penso due volte e chiamo il mio caro amico Roberto che mi prenota il volo per Buenos Aires e mi dice di avermi dato l’eccellenza tra le compagnie aeree. Il giorno della partenza mi fa arrivare addirittura un’auto a casa che mi preleva e mi conduce in aeroporto, senza il minimo fruscio d’aria e fantasticamente di pomeriggio. L’orario perfetto per sfruttare il giorno che arriva.
Se cito la compagnia aerea che mi trasporta significa che mi sono trovato bene. Ma stavolta si sono superati. Generalmente tendo a provare la compagnia di bandiera e non smentisco le mie abitudini e mi presento al banco di Aerolineas Argentinas. Non mi annuncio al check in, non sanno che narro di turismo, non sanno che sono un critico, ma mi trattano da super vip pur volando in classe economica. Mi offrono l’imbarco prioritario, mi regalano il fast track e dopo poco mi trovo a bordo del nuovo Airbus A330-200 che mi tele-trasporta a Buenos Aires, dopo circa 14 ore di volo, e dopo avermi coccolato con pasti e bevande e cuscini e coperte a volontà. La grande Raffaella recitava “carramba che sorpresa”, ma qui mi sembra tutto molto curato nei minimi particolari, senza improvvisazioni. Anzi.
Atterriamo in perfetto orario che erano quasi le cinque di mattina. Ti aspetti una città sonnecchiante, che si sta svegliando ora, come quando metti la sveglia e ti alzi con l’odore del caffè che esce dalla moka. Ma qui non è così. Questa città è piena di vita e si è meritata l’appellativo di “Ciudad que no duerme nunca”. Voglio scoprirne il perchè. Memore dell’esperienza in taxi a NY dello scorso viaggio, esco dall’aeroporto e chiamo il primo ufficiale che mi capita (attenzione a non prendere mai quelli abusivi, possono essere pericolosi), imitando un finto accento tedesco-spagnolo. Ma non c’è nulla da fare. Noi Italiani siamo inconfondibili soprattutto in terre amiche. Buenos Aires se non ricordo male, ha più di 13 milioni di abitanti e l’80% dei cognomi dell’elenco telefonico, sono italiani. Potrò mai passare da tedesco? L’appellativo qui è “Tano”. Si tratta di una questione di identità collettiva e personale. L’espressione “Che Tano” o “Che Tana” è usata dagli argentini per rivolgersi agli italiani. La tanada poi fa riferimento all’impeto con cui noi italiani facciamo le cose, in particolar modo all’intensità delle emozioni. Fra i primi immigrati italiani giunti in Argentina all’inizio spiccavano per lo più i genovesi chiamati Xeneixes. Xeneixe è anche l’epiteto usato per riferirsi alla squadra Boca Juniors, fondata da immigrati italiani nell’omonimo quartiere. Non c’è nulla da fare. Noi e gli Argentini abbiamo troppe cose che ci accomunano. Calcio e motori e religione e movida e ballo. Voglio provare tutto in questa mia seppur breve intrusione in terra sudamericana. In quasi un’ora di tragitto fino al centro, il mio ormai compagno di viaggio tassista, mi racconta tutta la storia dell’Argentina: da quando arrivarono i primi Italiani fino al mondiale di calcio perso contro la Germania (per questo ho smesso di imitarne l’accento, non si sa mai). Mi lascia al mio hotel da dove, dopo una breve ma intensa rifocillata, scappo con il minimo indispensabile (perchè qui, come in tante altre città, il furterello è sempre dietro l’angolo). Stavolta indosso solo una micro fotocamera, mi vesto di comodo, carta di credito e un po’ di spicci in tasca, felpa arrotolata sui fianchi.
Chi ha voglia se la può girare a piedi. Quando si è stanchi o stufi è sufficiente fermare un taxi. Ce ne sono una quantità impressionante (dicono oltre 40.000 nella sola area metropolitana) e a prezzi modesti. Esiste anche la metro (subte) anche se la rete è un po’ insufficiente. Pedoni, occhio ad attraversare la strada anche con il verde… è meglio essere attenti e soprattutto scattanti. Il traffico poi è continuo ed assordante. Sempre. Non si discosta troppo dalla mia Roma, ma con i colori che vestono BA, il celeste ed il bianco, sembra di attraversare Napoli. E’ una città culturalmente ed artisticamente molto vivace. Piena di teatri e con l’Opera. Vi sono poi molti ristoranti, bar, pubs con musica dal vivo. Si vede che è una città che vuole risollevarsi dalla crisi. E’ una città europea. In alcune zone sembra di essere a Parigi. In altre in Italia. La Boca è stata fondata dai genovesi. E’ un miscuglio di stili. I palazzi sono splendidi. La mia visita parte da Plaza de Mayo con la Catedral e la Casa Rosada (e sorpresa sorpresa, è rosa solo sul davanti e dietro è bella grigia). Si cammina a naso in sù, guardando queste splendide costruzioni che rimandano ai fasti che furono. Arrivo al bar più vecchio della città, il Café Tortoni, che mi ha sbalzato indietro nel tempo fino al 1858, anno di apertura. Assaporo il famoso “dulce de leche” che è una crema golosa a base di latte e zucchero. Pieno di calorie riparto e vado a visitare lo spettacolare Teatro Colón che è uno dei teatri lirici più grandi del mondo, finito di costruire nel 1908 (dopo lo spostamento da Plaza de Mayo, dove originariamente era ubicato). Fermo un taxi e mi faccio scorrazzare fino al quartiere San Telmo con la Plaza Dorrego e l’affascinante Cafè Dorrego, con un’atmosfera molto poetica e sensuale. Quartiere da visitare di giorno (di sera e di notte mi hanno riferito gli autoctoni che non è tranquillo) è La Boca. La sua via detta Caminito è molto fotografata e piena di turisti. E’ comunque carina: vi si possono trovare i ballerini di tango e farsi immortalare con loro mentre si balla. Più tranquillo è invece Puerto Madero posto in cui si può passeggiare di giorno, di sera ed anche di notte. Sono oltre 3 Km di ristoranti in riva al canale dove i “portenos” (gli abitanti di BA) amano cenare. E’ vero: è frequentato da gente un po’ fighetta e si spende da due a tre volte quello che si paga in altri posti della città. Ma un’occhiata è un peccato non dargliela. Giornata piena e fuso orario che si fa sentire. Riprendo la via di casa e mi dirigo in hotel. Abbastanza stremato ma con gli occhi increduli per quanto ho visitato, mi addormento sul divano della stanza, senza passare dal via.
Giorno numero 3. Comincio il mio litigio col tempo. Ma non mi faccio sfuggire un altro quartiere dove si bighellona volentieri: Recoleta. La chiesa di Nuestra Senora del Pilar è carina ed il vicino Cementerio de la Recoleta è meta di turisti e visite guidate. E’ la prima volta in vita mia che mi capita di veder fare del turismo in un cimitero. Nelle vicinanze c’è un albero la cui vista da sola varrebbe un volo nel week end! Stupendo e magnifico e immenso e imponente. Venite a vederlo e poi mi direte se lo stupore coglierà anche voi.
Passo dal cimitero ai fumetti. Come non tornare a visitare il quartiere di San Telmo, all'angolo tra Defensa e il Cile, la scultura di Mafalda? Da qui inizia il Paseo de la Historieta, un circuito che termina a Puerto Madero e che rende omaggio ai personaggi più accattivanti e famosi del fumetto argentino. E proprio a Puerto Madero, esattamente al molo 3, l’architetto spagnolo Santiago Calatrava progettò il “puente de la mujer” con l'intento di raffigurare una coppia che balla il tango. Da lontano si può infatti scorgere l'immagine di un uomo mentre sostiene una donna che si piega all'indietro, nella classica figura del casquè. Il nome "ponte della donna" fa riferimento sia alla ballerina che ai nomi di molte vie del quartiere che onorano importanti donne della storia argentina.
Buenos Aires è sorprendentemente e incredibilmente bella e affascinante e sa farti sentir parte di questa straordinaria cultura. E per non farmi mancare proprio nulla vado ad assistere ad un famoso spettacolo di Tango, con la “T” maiuscola. Mi prenoto un posticino (con cena) al Esquina Carlos Gardel Tango, uno storico locale di Buenos Aires.
Dovete saper che qui, ogni agosto, la città si ferma. La nazione si ferma. Il mondo danzante si ferma. Non ci sono i mondiali di calcio, bensì quelli di Tango. Si allenano tutto l’anno, arrivano da tutto il mondo, si sfidano a suon di melodie. Questa danza popolare è nata nei sobborghi di BA in ambienti di guappi e delinquenti, si è poi diffusa in tutta l’Europa nei primi decenni del Novecento col suo ritmo binario e movimento lento che accelera verso la fine e si balla in coppia e l’esecuzione più tipica include anche la chitarra e la fisarmonica. Umori e odori e sapori e suoni e luci che ti trasportano in un turbillon di emozioni che solo qui ho toccato con l’anima.
Tempo tiranno. Ti odio. Ti misuro. Ti temo. Sveglia alle 630 per il ultimo giorno in questa splendida città. Potrò mai perdermi un pezzo di storia? No. Il tempio del calcio Argentino. River Plate, San Lorenzo, Boca Juniors Racing. La storia del calcio. El Pibe de Oro, Messi, Passarella, Higuain. Fischio, taxi e volo a visitare La Bombonera. Significa letteralmente scatola di cioccolatini, è lo stadio in cui gioca il Boca Juniors. 49.000 posti a sedere, all'interno si possono ammirare diverse opere d'arte (murales realizzati dall'artista Pérez Celis) che ritraggono giocatori leggendari del club e la storia culturale della zona. Inutile dire che si trova nel quartiere La Boca.
Via di slancio in aeroporto per prendere il volo che mi porterà verso la fine del mondo. Patagonia. Trasbordo fino a El Calafate in poco più di 3 ore e lo scenario è totalmente diverso da quello vissuto in questi ultimi giorni. E’ notte. Il silenzio del nulla e la voce del vento mi fanno compagnia. Il freddo comincia a farsi sentire. L’escursione termica è tanta. I brividi sono alti, le aspettative di più. La notte la passo quasi insonne nella trepidante attesa del giorno che viene. L’escursione che non ho mai fatto. Che non ho mai avuto il coraggio di fare. Ora è qui, e non la voglio evitare. Finalmente una tenue e fioca luce si affaccia sul giorno. Si parte per andare ad ammirare il ghiacciaio del Perito Moreno. Già la strada di avvicinamento è un susseguirsi di spettacolari scenari e giunti ai piedi del maestro, rimango impressionato per l’imponenza e per i suoi colori. Ed è solo l’inizio.
L’esperienza diventa ancora più suggestiva salendo a bordo del battello che ci avvicina a una delle pareti del ghiacciaio, navigando sul lago: lo scricchiolio del ghiaccio che si rompe in lontananza, il bianco ed il blu accecanti, il comprendere di essere piccolissimi innanzi alla Natura, mi fa rabbrividire. 3 km di larghezza, 70 metri d’altezza per 35 km di profondità. Una delle esperienze più incredibili della mia vita. Riprendiamo il viaggio verso l’hotel. Non so descrivere il mio stato d’animo durante il tragitto. Non so dirvi a cosa pensavo. Non so dare neanche una collocazione temporale. So narrarvi solo che arrivato in stanza ho pianto di gioia.
Ultima noche in Argentina. E’ tempo di mangiare un asado (arrosto) che merita tutta la mia attenzione. E non mi faccio sfuggire neanche un dulce de leche, che avevo già provato a BA, ma che qui ha tutto un altro sapore.
L’indomani mattina mi sveglio con calma. Colazione. Doccia. Esco. Mi fermo ad ammirare il paesaggio e scorro nella mia mente gli ultimi giorni passati un questa terra magnifica.
Trasferimento in aeroporto dove volo a Buenos Aires per riprendere il volo che mi riporterà a Roma. Ancora una volta l’orario è quello che prediligo, notturno e arrivo in mattinata a Fiumicino. Aerolineas Argentinas mi regala un upgrade in business (il volo è talmente pieno in economica, che qualcuno dovrà pure sacrificarsi!). Che volo. Che servizio. Menomale che ho tutta la notte per godermelo. Siamo in pochi e tutti trattati da Dio, forse perchè raccomandati dall’alto. Molto in alto.
Atterriamo in perfetto orario e la prima telefonata che faccio è al mio Direttore “Grazie” -gli dico - “Dove mi manderai il prossimo viaggio?”