Luci e ombre sui mondiali di Russia 2018
di Marcel Vulpis
Quando il 2 dicembre 2010 la Russia ha conquistato l'organizzazione del Mondiale di calcio (2018), nell'ultima pagina del report, per tutte le aree di valutazione (tra queste l'analisi delle garanzie del Governo, la qualità degli stadi ed i rapporti con le municipalità), è stato assegnato, da parte della Fifa, un giudizio "low risk" (a basso rischio) evidenziato da un brillante color verde. Da quella data in poi, la Federazione russa è stata toccata, in termini di immagine, da diversi scandali: il Fifagate (molti analisti ritengono che l'Inghilterra, opposta proprio alla Russia, avesse raggiunto un punteggio più alto), lo scandalo doping dello sport olimpico russo, prima dei Giochi di Rio2016, e la crisi di Crimea (primavera 2014), che ha portato ad un intervento militare nella penisola ucraina di etnia russa (ancora oggi è un problema politico irrisolto). Per non parlare, in ambito sportivo, della lievitazione dei costi organizzativi, per la costruzione e ristrutturazione degli stadi, che dovevano pesare non oltre i 2,6 miliardi di euro e che si stima, invece, sforeranno il tetto dei 4,5 miliardi.
Sette anni fa i russi avevano promesso alla Fifa (detentrice di tutti i diritti dell'evento iridato) di non superare i 6,7 miliardi di euro di budget. Per il momento si è arrivati a 17,2 miliardi di euro, una cifra mai prevista per l'organizzazione di un mondiale di calcio. Secondo la Ong (organizzazione non governativa indipendente dagli Stati) Transparency international, specializzata sul tema della corruzione, l'esplosione delle spese è legata sia al "gigantismo" dei russi, già testato in occasione dell'Olimpiade invernale di Sochi 2014, quando si è arrivati a spendere 37 miliardi contro i 7,8 miliardi del business plan, sia al tema della trasparenza negli appalti, con costi cresciuti anche del 250%. Un'anomalia che nasconderebbe ipotesi di grave corruzione o di mala gestione nel migliore dei casi. Per Transparency questi costi, coperti, nell'80% dei casi, dalle municipalità e dai governi regionali, impatteranno negativamente sulle economie locali.
Gli stadi sono il biglietto da visita di qualsiasi grande evento sportivo (Olimpiade, Mondiale di rugby, Europeo di calcio), capace di proiettare all'estero l'immagine, sempre più moderna, di una nazione. Per questa ragione la Russia ha presentato 12 impianti, localizzati in 11 diverse città e divisi in gruppi per aree geografiche (Nord, Sud, Centro, Volga e Urali), con otto strutture completamente nuove, costruite per l'evento iridato, tre ristrutturate e la polifunzionale Kazan arena con meno di quattro anni di vita. Un parco-impianti unico al mondo, con 3,14 milioni di biglietti in vendita durante le giornate di gara (14 giugno-15 luglio).
Nonostante l'impegno del comitato organizzatore a presentarsi in modo moderno e con una immagine tecnologicamente avanzata, a meno di un anno dall'evento, accanto ai sette sponsor internazionali della Fifa (la russa Gazprom, il colosso cinese Wanda group, Coca-Cola, Adidas, Hyundai-Kia, Qatar Airways, Visa) ed ai quattro destinati esclusivamente all'evento iridato (Hisense, McDonald's, Vivo, Bud), solo un partner collegato all'economia russa (l'istituto di credito Alfa-Bank) è entrato nella categoria dei partner "regionali". Appena tre anni fa, in Brasile, il gruppo degli sponsor del Mondiale poteva contare su 20 realtà, inclusi nove partner diretta emanazione del mercato interno.
Krasnodar non ospiterà il mondiale, ma è un modello di sviluppo
Piuttosto che mettersi sul mercato (a suon di milioni) per comprare giocatori affermati, l'uomo di affari russo Sergey Galitsky (possiede, attraverso il marchio Magnit, 10 mila negozi in tutta la Russia) ha investito 60 milioni di euro in una scuola calcio, fondata nel 2013, che insiste su un bacino di utenza regionale (nel distretto federale meridionale): si tratta di un complesso moderno di formazione per bambini, di età compresa tra i 6 ed i 12 anni, selezionati esclusivamente sul territorio. Dal 2008 è proprietario anche dell'FC Krasnodar, attualmente nella prima divisione del calcio russo. L'unico neo è non essere riuscito a far inserire lo stadio di Krasnodar (35 mila posti inaugurato nell'autunno 2016) tra i 12 della rassegna iridata. Ad oggi Galitsky ha investito nel business del pallone, tra Academy e club, più di 280 milioni di euro.
Kazan, città dello sport russo, sogna la F1
La consacrazione definitiva avverrà in occasione delle gare di calcio del Mondiale del 2018, ma Kazan, capitale della repubblica del Tatarstan, è già da oltre cinque anni, la città più orientata allo sport della Federazione russa. Un posizionamento di marketing sportivo, che si prevede possa generare nuove opportunità economiche sotto il profilo turistico, perchè, attraverso l'organizzazione di grandi eventi sportivi, la municipalità e il governo regionale intendono far conoscere la giovane e dinamica città russa. Nel 2015 Kazan ha gestito il Mondiale di nuoto, e, precedentemente, la XXVII Universiade (2013). Sono previsti nuovi investimenti a carattere sportivo, per più di 300 milioni di euro, con l'obiettivo di organizzare una prova del calendario di Formula Uno per le vie della città.
Lo stadio di San Pietroburgo simbolo degli sprechi
Il Krestovsky stadium (prende il nome dall'isola Krestovskija dove è localizzato) più conosciuto come lo stadio di San Pietroburgo, doveva essere inaugurato nel 2008, in appena tre anni di lavori. Ad oggi non sono ancora terminati ed i costi, dai 372 milioni di euro stimati, hanno superato la soglia record del miliardo. Ad undici anni dall’inizio, la struttura russa ha già centrato un record: è l'impianto di calcio più costoso al mondo.
Con una capienza di 68.134 posti a sedere, ospiterà le partite interne dello Zenit San Pietroburgo. Sarà utilizzato per Russia 2018 ed Euro 2020 (prima edizione “itinerante degli Europei di calcio). Il progetto è stato curato dall'architetto Kisho Kurokawa, che ha disegnato il Toyota stadium in Giappone. Costruito sulle ceneri dello stadio Kirov, al termine del Mondiale verrà denominato Gazprom arena.