L'autodifesa universale
Conosciamo il CKM (Commando Krav Maga) arte marziale dedicata all'autodifesa anche in situazioni delicate.
di Marta Angelucci
Entriamo in contatto con una disciplina poco conosciuta, che unisce alcune caratteristiche fondamentali delle arti marziali con i principi dell’autodifesa: il Commando Krav Maga, anche detto CKM. A rispondere alle nostre domande c’è Vincenzo D’Agostino, Fondatore ed Istruttore Capo del CKM Roma, ottavo livello, docente internazionale ed allievo diretto del fondatore Moni Aizik.
Commando Krav Maga: dove nasce e cosa significa?
Il CKM nasce intorno agli anni ’70, da un’idea di Moni Aizik, ai tempi Maggiore dell’esercito israeliano in riserva. È considerato un’evoluzione del Krav Maga tradizionale, che si è sviluppato invece intorno agli anni ’50. Il termine Krav Maga, in israeliano, vuol dire letteralmente “combattimento a contatto”, inteso in termini prettamente marzialistici; il termine Commando, che oltrepassa l’ambito militare per riferirsi a qualsiasi contesto in cui si debba essere “operativi”, esprime la mentalità “engage – disengage” tipica del CKM: in casi di emergenza in cui sia impossibile rinunciare allo scontro diretto, la volontà deve sempre essere quella di farlo durare il minor tempo necessario. Entrare ed uscire, che si tratti di un disarmo, di una deviazione del colpo o di qualsiasi cosa che serva a rendere il terreno fertile per la fuga. Non si tratta di essere eroi, si tratta di salvarsi la vita.
Qual è la differenza con la disciplina Krav Maga?
La differenza principale è quella dell’evoluzione in termini biomeccanici. Le tecniche del Krav Maga tradizionale sono spesso obsolete o inadatte ad ogni fisicità, ragionando spesso sul parametro “forza contro forza”. Per il CKM è importante che le tecniche siano universali, alla portata di tutti. Ad esempio contro un avversario armato, nel Krav tradizionale spesso si pensa a colpire, mentre nel CKM è vitale disarmare prima. Possiamo dire che il Krav Maga è una grande famiglia da cui si sono poi sviluppate discipline come il CKM, il Kapap, l’Haganà…
Hai parlato di universalità e biomeccanica. Cosa intendi esattamente?
Possono essere definiti i “segreti” del CKM: le tecniche devono essere universali nel senso che devono essere attuabili sotto stress ed in pochi secondi, da tutti gli angoli possibili, in una situazione imprevista come ad esempio un’aggressione in strada. La biomeccanica ci aiuta a testare scientificamente le nostre tecniche sotto stress, migliorando ogni volta i punti da colpire e le leve su cui puntare, facendo sì che sia un sistema dinamico, in continua evoluzione. Il CKM punta ad essere fruibile in poco tempo, cercando di essere operativi da subito, anche con poca pratica; proprio perché in uno scontro diretto tutto si svolge in pochissimi istanti. Nella lotta a terra ad esempio abbiamo la “five seconds rule”: quei cinque secondi sono determinanti per la tua sopravvivenza, o ti rialzi subito o diventa praticamente impossibile riprendere il controllo della situazione. È la mentalità in primis che deve cambiare: non ci si basa sull’aggressività, non si infierisce sull’avversario; è un discorso di salvaguardia di se stessi.
Quando nasce il CKM Roma e quante palestre sono aperte in Italia?
Il CKM Roma è un’Associazione sportiva dilettantistica fondata da me nel 2011 che si occupa di diffondere il CKM non solo in Italia, ma anche all’estero; operiamo ad esempio anche in America. Abbiamo 6-7 sedi attive a Roma e 15-20 sedi complessive in tutta Italia; “Roma” nel nome dell’associazione è un riferimento nazionale, non solo riferito alla capitale.
Su cosa si basa il programma CKM Kids?
Il CKM Kids è un programma che nasce specificatamente per i bambini, non è un adattamento del CKM classico. Si divide in due sottoprogrammi; antibullismo e antipedofilia. Il primo deve necessariamente essere politically correct, trovandoci nella situazione in cui lo “scontro” avviene fra due bambini: non ci sono colpi che sviluppino aggressività, ma ci si basa più che altro sul disingaggio, sul dialogo mirato ad aiutare gli altri, sviluppando una situazione di “awareness”, di consapevolezza, in cui il bambino è conscio di cosa stia succedendo ed arriva preparato. Nel programma sull’antipedofilia il discorso è più complesso ed articolato, essendoci un pericolo reale e maggiore, vale a dire uno scontro fra un bambino ed un adulto: rispetto al programma precedente avremo delle tecniche studiate proprio per i bambini, insegnandogli a fuggire e proteggersi colpendo i punti vitali dell’adulto in questione (occhi, setto nasale, …). Essendo discorsi estremamente delicati, vengono utilizzati numerosi escamotage ludici, e diventa importante il senso del gruppo e dell’aiuto reciproco.
Come si svolge l’allenamento?
Il riscaldamento iniziale, precedente alle tecniche, è fondamentale per sciogliere le articolazioni e alzare la temperatura corporea; quello del CKM è un workout specifico ed estremamente dinamici (chiamato infatti anche “Elite Combat Fitness”) che punta alla rapida attivazione fisiologica (sudore, battito accelerato, …) che riesca a simulare una situazione reale, di stress, in cui si è stanchi, ma si deve essere reattivi e veloci. Dopo lo studio e il ripasso delle tecniche, si passa alla parte finale e peculiare del CKM: gli attacchi a sorpresa. Uno alla volta si viene attaccati dagli altri allievi, avendo la possibilità di sperimentare le varie tecniche di difesa analizzate (difesa dai pugni, dagli strangolamenti, dai coltelli, dalle pistole, ...). Finire l’allenamento in questo modo aiuta a mantenere lo stato di attenzione e di allerta.
Quanti sono i livelli esistenti nel CKM?
Esistono dieci livelli (il nono e il decimo sono conferiti ad honorem, solo su chiamata diretta del fondatore Moni Aizik). I livelli acquisibili sono otto, sia per gli istruttori che per gli allievi.