DA CASAL PALOCCO AI GIOCHI OLIMPICI, FEDERICO RIVA SI RACCONTA
L’intervista al mezzofondista classe 2000, nato e cresciuto a Casal Palocco
C’è una stella dell’atletica leggera che brilla nel verde di Casal Palocco. Si chiama Federico Riva, è nato nel 2000 ed è un mezzofondista per le Fiamme Gialle dal 2021, l’anno in cui si è reso conto che l’atletica leggera sarebbe stata la sua strada. Non era un cammino scontato né tantomeno deciso: più che chiodate le scarpe avrebbero potuto avere sotto i tacchetti, quelli per giocare a calcio, magari nell’A.S. Roma. Da ragazzo, per tre anni Riva ha vestito la maglia giallorossa nelle giovanili, divertendosi sulla fascia per la sua squadra del cuore. Poi il destino ha scelto diversamente, ma la passione è rimasta fortissima a prescindere dallo sport che poi ha intrapreso. Dopo uno stop lo scorso anno a causa della mononucleosi, il 2024 è stata la stagione delle grandi esperienze con i Campionati Europei di Atletica Leggera a Roma e i Giochi Olimpici di Parigi, dove ha siglato il record personale nei 1.500 metri con un tempo di 3:32:84.
Stai girando il mondo, ma alla fine torni sempre a Casal Palocco. Che rapporto hai con il quartiere?
“Sono molto affezionato a Casal Palocco e penso che in futuro rimarrò qui ad abitare. In questo posto ho vissuto tutta la mia infanzia e adolescenza, tolto un piccolo periodo al College del Mezzofondo a Varese. La cosa che più amo di questo Palocco è il suo essere immerso nel verde, una caratteristica che ti permette di fare molte attività. Ricordo che quando ho iniziato a fare atletica, a 12 anni, uscivo ad allenarmi vicino casa. È una cosa che faccio ancora oggi, quando non sono in caserma con le Fiamme Gialle. Faccio quello che io chiamo il ‘giro di Palocco’, per me utilissimo per la preparazione atletica”.
E nel tuo destino poteva esserci il calcio.
“Ho iniziato a giocare a calcio da molto piccolo vicino al quartiere Axa, in quella che è l’attuale Totti Soccer School. Dopo circa due anni fui chiamato dalla Roma e il mio provino andò bene, per cui mi allenai per tre anni a Trigoria nelle giovanili dei giallorossi. La ricordo come un’esperienza incredibile che porterò con me per tutta la vita, soprattutto perché io, mio padre e i miei due fratelli siamo grandi tifosi. Andiamo allo stadio da quando siamo piccoli ed è una cosa che ci unisce molto, una passione immensa che dura da vent’anni. La Roma di oggi? È una squadra nuova, ci sono stati molti innesti in questa stagione. Il fatto che Dybala sia rimasto ci assicura un giocatore dal grande talento, ma mi preoccupa un po’ Soulé per il minor spazio che avrà a disposizione: sarà una situazione da gestire sapientemente, anche perché quando Paulo sta bene è difficile lasciarlo fuori. De Rossi dovrà mescolare bene tutte le carte che ha in mano e trovare la quadra giusta per tutti i nuovi arrivati. Sicuramente non ci manca qualità”.
Com’è entrata l’atletica nella tua vita?
“Ho approcciato l’atletica leggera grazie ai Giochi Sportivi Studenteschi, e nella mia seconda gara fui notato da un tecnico delle Fiamme Gialle (Marco Mazza, n.d.r.) che divenne poi il mio allenatore. Lì per lì mi chiese di fare una prova, ma avevo la testa al calcio e non avevo intenzione di cambiare. Un giorno, a causa della pioggia che sospese i miei allenamenti, decisi di andare a vedere di cosa si trattava e mi divertii. Da quel momento continuai a fare atletica e calcio parallelamente per un anno e mezzo, prima di scegliere il mio percorso. Il mio primo grande appuntamento sono stati i Campionati Europei Giovanili nel 2019, per poi andare avanti, cambiare allenatore e passare sotto la guida di Vittorio Di Saverio ed entrare nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle nel 2021”.
Due sport molto diversi: cosa motivò la tua scelta?
“Nell’atletica conta il cronometro, e non c’è nessuno che può aiutarti o darti indicazioni durante una gara. Ogni risultato è frutto del lavoro quotidiano ed è molto dura, ma essendo uno sport individuale regala delle emozioni indescrivibili. Ovviamente rimanere concentrato è molto complicato, spesso sei solo contro il tempo e contro gli avversari. Ci vuole pazienza e continuità; per far andare tutto nel migliore dei modi devono mescolarsi molti fattori. A livello personale, mi piace molto il mezzofondo perché c’è anche una componente tattica e gestionale. È importante distribuire bene le energie, non devi correre e basta”.
Il 2024 è stato speciale. Puoi raccontarlo?
“Le emozioni provate quest’anno sono indescrivibili. Ho corso agli Europei a Roma nel proverbiale ‘giardino di casa’, dato che vado all’Olimpico una settimana sì e una no. C’è stato molto tifo ed erano presenti tante persone che mi vogliono bene. Ai Giochi Olimpici ho provato una sensazione ancora diversa, non avevo ancora corso difronte a 70.000 persone ed è stato pazzesco. Dal lato sportivo, queste esperienze mi hanno aiutato molto a crescere e nel complesso mi ritengo soddisfatto di quello che ho fatto, con qualche piccolo rammarico. Sono un’atleta ancora abbastanza giovane e c’è ancora ampio margine per fare meglio”.
Stai recuperando la condizione in vista dei prossimi impegni. E adesso?
“Al contrario di altri atleti, ho avuto solamente poco più di un anno per preparare l’Olimpiade, con la stagione scorsa condizionata dalla mononucleosi che non mi ha dato una mano. Di solito è un percorso molto più lungo, che comincia anni prima, ed è fatto di step. Sono comunque felicissimo di esserci arrivato e da ora pensiamo ai prossimi obiettivi. Nel 2025 ci saranno i Campionati del Mondo di Atletica Leggera di Tokyo e non dovrò rincorrerli come fatto per i Giochi, avendo già realizzato il tempo minimo per qualificarmi”.
Cosa sogni per la tua carriera?
“Sul mio sogno non ho dubbi: mi piacerebbe molto vincere una medaglia in un appuntamento importante. So che è un percorso fatto di tappe e io le sto toccando piano piano. Non è una cosa che vedo così lontana, anzi si tratta di un obiettivo concreto per la mia carriera”.