IN ACQUA SENZA BARRIERE
di Andrea Cicini
Si è chiusa ad agosto con un successo anche la quinta edizione della “Discesa a remi del Danubio” del Circolo Canottieri 3 Ponti con equipaggi internazionali ed inclusivi
Ancora una volta con il sostegno della Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale.
La “Discesa a remi del Danubio”, regata internazionale e inclusiva, nel 2023 alla sua 5a edizione, si è conclusa il 2 agosto scorso con un altro successo, dopo 600 chilometri di voga divisi in due parti e con due diverse squadre: dal 26 luglio da Schlögen a Vienna, dal 28 luglio al 2 agosto da Vienna a Budapest. All’arrivo sono state attraversate 3 nazioni, Austria, Slovacchia e Ungheria.
Ideata e organizzata dal Circolo Canottieri 3 Ponti di Roma, affiliato alla FIC-Federazione Italiana Canottaggio, è sostenuta per la sua valenza sociale dalla Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale. Qui il commento del suo Presidente, Prof. Avv. Emmanuele F.M Emanuele, sulle ragioni dell’assist: “La Fondazione ha dato anche quest’anno il suo fondamentale contributo alla Discesa a remi del Danubio. Che se non trova barriere in acqua, ne trova però ancora a terra ed implica una impegnativa organizzazione perché tutto possa andare per il meglio. La Fondazione ha fin dall’inizio fatto suo il progetto dei due tecnici di canottaggio di IV livello europeo, Riccardo Dezi e Giulia Benigni, Presidente e Vicepresidente del CC3Ponti, vedendovi l’opportunità di veicolare in modo visivo e immediato alcuni dei valori che l’ente persegue, come quelli del diritto allo sport e del diritto alla salute per tutti. Le bandiere della Fondazione sulle barche, il suo logo sui remi, sui carrelli, sulle divise degli equipaggi, sui gadget, raccontano di una collaborazione che cresce nel tempo, frutto di un impegno costante della Fondazione nel promuovere scambi fra i territori in un’ottica inclusiva, e del Circolo romano nel programmare e seguire, in Italia e all’estero, attività motorie e sportive che coniughino sport e disabilità in un’ottica, invece, di continuo superamento di limiti e di raggiungimento del migliore stato psico-fisico possibile per la/lo atleta”.
Gli equipaggi della regata sono misti: atlete e atleti Master, età media oltre i 55 anni, e atlete ed atleti del Pararowing. A bordo delle 4 barche da 8 con timoniere, seguite su motoscafi dallo staff – Riccardo Dezi, Giulia Benigni, Antonio Schettino e Catalin Blaj, Monica Magini e Sara Arena –, c’erano infatti anche vogatori diversamente abili: Ludovica Tramontin, Luca Agoletto e Daniele Stefanoni (CCAniene), l’atleta ipovedente Marco Carapacchio del CC3Ponti e i due canottieri austriaci, anch’essi ipovedenti, Nathalie Podda e Michael Supper del Donauhort Ruderverein di Vienna. A bordo per la 2° parte della regata da Vienna a Budapest, con il consueto entusiasmo, l’atleta del Pararowing del CC3Ponti, Daniela De Blasis, alla sua seconda esperienza al timone sul Danubio. Tra gli accompagnatori Florian Kremslehner, Richard Sellinger e Eszter Hauer.
Se l’acqua ha una memoria, quella del Danubio ricorda di far cadere tra gli atleti tutte le barriere: linguistiche, anagrafiche, fisiche, personali, spingendoli a performances brillanti nel superamento della fatica e in un crescente perfezionamento tecnico. Semplicemente passando, nell’impresa, dall’inclusione ad una relazione, benefica per tutti. Una volta di più il Pararowing, canottaggio praticato da persone con disabilità fisiche, sensoriali o intellettive, si dimostra una disciplina tra le più efficaci a favorire l’inclusione e, a valle, l’obiettivo della coesione sociale.
La regata ha toccato le mete di Schlögen, Linz, Grein, Melk, Durnstein, Tulln e Vienna. E poi Bad Deutsch–Altenburg, Bratislava, Gonyu, Komarno, Ezstergom perchiudersi a Budapest, in Ungheria: 600 km “difficili”, per l’ampiezza del fiume, le correnti, le numerose chiuse, le grandi navi che lo percorrono, l’imprevedibilità del tempo. Un’esperienza singolare, che esalta massimamente lo spirito di squadra tanto più in ragione dell’eterogeneità di chi compone quella squadra. E il successo di questa regata è il successo di ogni singolo atleta, dei loro circoli di appartenenza, di ogni membro di uno Staff che è capace di non abdicare all’insegnamento e alla tecnica senza rinunciare all’accoglienza e al sorriso.
Se in Italia è cresciuta l’attenzione al benessere e alla salute, sta crescendo anche la consapevolezza dello sport quale prima leva di questo benessere, fisico e mentale. E il gesto del singolo fa presto a trasformarsi nel movimento di un gruppo, di una collettività. E questo è un bene. La pratica si fa sport di squadra, la squadra veicola relazioni e con esse, valori positivi dello sport: disciplina, accettazione delle diversità, sacrificio, rispetto. Per i più giovani lo sport è un argine contro un crescente disagio mentale, con una tecnologia che ne è tra le cause, perché può isolare. Ma la tecnologia è anche alleata dello sport, grazie alle sempre più diffuse app che monitorano i progressi sportivi e la condizione fisica di chi pratica sport e a startup innovative. Tuttavia, l’ultimo report realizzato da Ambrosetti evidenzia un divario tra quello che raccontano i recenti successi italiani da record nello sport professionista e nell’agonismo e la ancora diffusa sedentarietà di un Paese, al 4° posto tra i più sedentari nel perimetro OCSE tra gli adulti e all’ultimo per i bambini. Un cambio di mentalità ed educativo, l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture sportive, agevolazioni che facilitino a tutti nessuno escluso l’accesso alla pratica attiva dello sport sono i tasselli della sfida che attende istituzioni, operatori del settore e imprese. Una sfida prima di tutto culturale. Mentre quelle vinte dagli equipaggi della Discesa inclusiva del Danubio sono sfide che servono a ricordarci che il possibile è dietro l’angolo, e lo è per tutti.