IL FUTURO DEL SISTEMA CALCIO ITALIANO

Aprirsi a nuovi imprenditori stranieri e riformulare la Legge Melandri sui diritti tv

di Marcel Vulpis


La crescita dei ricavi del calcio tricolore (per la prima volta a quota 3,5 miliardi di euro) è strettamente collegata alla esplosione degli introiti da stadio (+22,4%) e a quelli da sponsorizzazioni e attività commerciali (+9,5%). Parallelamente, però, è cresciuto l’indebitamento, passato da 4,0 a 4,27 miliardi di euro.
Per crescere ulteriormente servirà una spinta riformatrice all'interno del sistema calcio, congiuntamente ad una revisione "ragionata" del modello di distribuzione dei ricavi da diritti audiovisivi. 

La legge Melandri (decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9), poi modificata durante il Governo Renzi, dall'ex ministro dello Sport, Luca Lotti, di fatto ha previsto il 50% dei diritti uguali per tutti, mentre la parte restante ora è divisa in funzione di audience e risultati. Nello specifico una quota del 30% sulla base dei risultati sportivi conseguiti; mentre il restante 20% è in funzione del radicamento sociale (12% in base agli spettatori allo stadio, 8% collegato all’audience tv). Ci si può muovere verso una maggiore equità (anche nel rapporto con Lega B e Serie C, al momento penalizzate rispetto al tema della "mutualità" nella distribuzione dei ricavi televisiva), ma sarà altrettanto importante migliorare la qualità delle società. 
In Inghilterra su 20 squadre solo cinque sono di proprietà di imprenditori inglesi.  L'Italia, più di altri mercati europei, ha bisogno di attrarre investitori internazionali (l'ultimo è stato il magnate delle tlc, l'italo-americano Rocco Commisso, sbarcato quest' estate a Firenze). Risorse fresche per rivitalizzare un intero mercato. 

Venti anni fa i ricavi del calcio arrivavano solo dai biglietti, poi sono esplose le sponsorizzazioni (il gruppo Infront, per esempi,o è l'advisor commerciale di oltre 12 club tra Serie A e B). Oggi oltre il 65% dei introiti deriva dai diritti tv. La Serie A è distribuita in 200 Paesi nel mondo, ma il valore di questa distribuzione è molto lontana dai valori della Premier League, vero benchmark (modello di riferimento) su scala continentale.   

Il confronto con il mercato internazionale
  Sarà sempre più importante confrontare il sistema italiano con le principali serie calcistiche internazionali. Il football europeo, a livello aggregato, rappresenta un settore economico in crescita: i ricavi aggregati delle 54 "top division" sono passati dai 2,8 miliardi del 1996 ai 20,1 del 2017, e, solo negli ultimi 12 anni, il fatturato è aumentato in media ogni anno del 7,5%, mentre nel medesimo periodo il PIL (Prodotto interno lordo) pro capite dell’Unione Europea è cresciuto nella misura del 2,5%.  Le 5 principali Top League, in termini di ricavi medi per società, sono la Premier League inglese (267 milioni di euro) e la Bundesliga tedesca (155,5); seguono La Liga spagnola (144,5), la Serie A italiana (108,1) e la Ligue1 francese (81,9).  Il mercato tricolore sta diventando sempre più il "fanalino di coda" dell'Europa in diverse classifiche di settore (diritti tv, accordi di sponsorizzazione, merchandising, ticketing, ecc.). Ecco perchè diventerà fondamentale attrarre nuovi investitori stranieri capaci di drenare risorse economiche strategiche per il rilancio dei nostri club professionistici. 

Luci e ombre dell'industria del calcio italiano
  Nonostante la perdurante stagnazione dell'economia italiana, il mondo del pallone continua a correre e così i dati di spesa complessivi dei club di Serie A. Nel 2019, infatti, le 20 squadre della prima divisione hanno investito più di 1.167 milioni di euro (dopo aver raggiunto quota 1.072 milioni nel 2018). Una crescita che va avanti da ben 5 anni, senza badare a spese (come accadeva fino a pochi anni fa), confrontandosi in misura concorrenziale, soprattutto, con Premier League, Liga, Bundesliga e Ligue1. 

  Calciomercato: valori in crescita negli ultimi 5 anni
  Nel 2015, infatti, sono stati investiti poco più di 608 milioni di euro in players trading (a distanza di appena un lustro la crescita ha raggiunto quasi la percentuale del 100%). Gli investimenti collegati al calciomercato sono sicuramente un segnale positivo, ma i "fondamentali" economici del calcio professionistico devono far riflettere sul presente/futuro del sistema tricolore. 
Alcune riposte arrivano dal Report FIGC-Arel (2019), annuale "fotografia" dello stato di salute del nostro calcio. Nello specifico sono stati analizzati anche i principali numeri relativi al profilo economico-finanziario del football professionistico, il cui giro di affari risulta in continua crescita.  Nel 2017-2018 (periodo di riferimento della ricerca), il valore della produzione aggregato ha superato, per la prima volta, i 3,5 miliardi di euro, con un incremento del 6% rispetto all’anno precedente.  
 Sempre secondo il report FIGC-Arel, considerando gli assetti proprietari del calcio professionistico, nel 31% dei casi si tratta di "persone fisiche", nel 57% di società italiane e nel 12% di soggetti stranieri. Negli ultimi 7 anni i proprietari dei club, poi, hanno operato interventi di ricapitalizzazione del valore complessivo di 2,4 miliardi di euro.

Cresce il giro d'affari, ma anche l’indebitamento

 L’aumento del costo del lavoro e degli ammortamenti ha portato, però, ad un peggioramento del risultato netto, con una perdita pari a 215 milioni di euro, nonostante il dato medio dell’ultimo biennio risulti in forte miglioramento rispetto al quello precedente (si è passati dalla perdita media di 454 milioni di euro, del biennio 2014-2016, ai -186 mln del 2016-2018). Da un punto di vista finanziario, si rileva un importante incremento del patrimonio netto, pari al +36,9%, superiore alla crescita dell’indebitamento (+6,4%), che ha superato il tetto dei 4,2 miliardi di euro. Il calcio italiano, in sintesi, spende più di quanto produce.  E' chiaramente un dato generale, un parametro di riferimento, che non considera esempi o modelli virtuosi (come nel caso della Juventus), ma serve a valutare il valore economico dell'industria calcio nel suo complesso. 

Gli effetti del calcio nel "Sistema Paese”
  Nonostante alcuni elementi di criticità il pallone tricolore ha un impatto positivo all'interno del "Sistema Paese".Tra i diversi aspetti da considerare vi anche il profilo della "contribuzione fiscale e previdenziale" del mondo professionistico. Il contributo complessivo ha ormai raggiunto il tetto di 1,2 miliardi di euro, confermando il trend di crescita registrato negli ultimi anni. Solo tra il 2006 e il 2016 questo dato è cresciuto del 36,9%, in termini assoluti, e del 3,2% su base media annua. Il calcio professionistico, pertanto, continua a rappresentare il principale contributore del sistema sportivo, con un’incidenza del 70% rispetto al gettito fiscale complessivo generato dal mercato dello sport in ambito nazionale.

  I club tornano a sorridere sugli spalti
  Continua il trend di crescita degli spettatori presenti negli stadi per competizioni di alto livello (calcio professionistico e rappresentative nazionali); nel 2017-2018 sono stati quasi 17 milioni unità, in crescita negli ultimi anni (+8,4% rispetto al 2016-2017 e +13,6% rispetto al 2015-2016). Con riflessi significativi anche dal punto di vista economico: i ricavi derivanti dalla vendita di biglietti e abbonamenti sono infatti aumentati del 22,4% se si considera l'intero sistema del calcio professionistico. In Serie A, poi, si è registrato un +32,4%: la crescita più importante tra quelle rilevate nell'ultimo decennio.