PSICOPADEL
PsicoPadel. La nuova rubrica che intende occuparsi della dimensione mentale nel Padel, grazie al contributo della Dott.ssa Pierfrancesca Carabelli, psicologa sportiva, preparatore mentale tennis II grado FIT e psicoterapeuta ad orientamento metacognitivo interpersonale.
In questo primo appuntamento
il tema sarà il cervello e per riferirlo al Padel dobbiamo chiamare in causa i neurotrasmettitori, cioè quelle
sostanze chimiche che consentono alle cellule del sistema nervoso, i neuroni, di comunicare tra di loro: la dopamina
e l’adrenalina sono considerate dei neurotrasmettitori ed è interessante il loro ruolo in questo sport.
Dottoressa, qual è la loro funzione?
La dopamina svolge numerose funzioni sia a livello di
sistema nervoso centrale che periferico: è coinvolta nel
controllo del movimento, nei processi della memoria
di lavoro e dell’attenzione, regola i meccanismi di ricompensa
e piacere e il tono dell’umore.
Diversi studi
dimostrano che il cervello umano rilascia dopamina quando sperimenta
esperienze percepite come gradevoli, che rinforzano il senso
di autoefficacia e di sicurezza in sè (self-efficacy e self-confidence).
Considerando la facilità di riuscita del gioco del Padel viene semplice
ipotizzare che sia proprio questo aspetto a favorire il desiderio di
continuare a praticarlo in chiunque si avvicini a questo sport. Quando
un’esperienza risulta piacevole e semplice da fare è molto probabile
che si crei la tendenza a ricercare quell’esperienza con le sensazioni
annesse. In questo senso possiamo affermare che il Padel è lo sport
della dopamina!
Oltre alla dopamina, l’altro neurotrasmettitore coinvolto nel gioco
è l’adrenalina.
Prodotta dal cervello soprattutto in situazioni di sfida e di pressione,
ma anche di pericolo o minaccia, l’adrenalina produce l’aumento del
battito cardiaco, la vasocostrizione a livello periferico e la broncodilatazione
per favorire la respirazione: insomma prepara il corpo
ad affrontare e sostenere uno sforzo prolungato.
Nel Padel le partite
sono sfide, con scambi rapidi, e molto spesso sono piacevoli: questa
combinazione consente ai giocatori di sentirsi stimolati, “ingaggiati”,
coinvolti in qualcosa che li fa sentire capaci, migliorandone l’umore.
Questo è il Padel dal punto di vista chimico.
Non solo neurotrasmettitori. Parlando di cervello non possiamo
non considerare l’importanza dell’occhio: il nervo ottico è l’unico
direttamente collegato al cervello.
L’occhio è considerato da alcuni esperti più un’estensione verso
l’esterno del cervello che un organo di senso come gli altri per la
sua complessità e per il ruolo fondamentale che ricopre nel vissuto
dell’essere umano.
L’occhio concepito come visione. Cosa si intende?
In primo luogo va sottolineata la differenza tra vista e visione. La
vista è la capacità di vedere un determinato oggetto ad una distanza
specifica; la visione è il processo dominante del corpo umano per
ottenere informazioni dall’ambiente e il più complesso sistema di
guida per il movimento e nel nostro caso per la coordinazione visuo-
motoria.
Nel Padel la visione è molto sollecitata?
Sì, la coordinazione occhio-mano è uno dei prerequisiti per poter
mantenere uno scambio. Due gli aspetti interessanti: da una parte il
palleggio risulta molto semplice perché avviene nello spazio ricoperto
dal braccio e dalla racchetta ed è uno spazio a cui generalmente
siamo abituati per muoverci nelle attività quotidiane (tra i 50 e gli 80
cm dal nostro corpo): questo spiega perché risulti così facile palleggiare
anche ai neofiti (effetto dopamina). Dall’altra invece, il gioco di
sponda è quasi “innaturale”, richiede maggiore coordinazione occhio-
mano per l’imprevedibilità del rimbalzo e risulta generalmente
più complesso dal punto di vista motorio, tanto da farlo diventare
stimolante come una sfida (effetto adrenalina).
In questo senso si può affermare che il Padel provoca dipendenza?
Perchè no, il Padel è uno sport che favorisce l’interazione tra le persone,
le partite hanno spesso un valore di sfida, prima cerebrale,
chimica appunto, poi psicologica, e di solito produce uno stato di
benessere e piacere. Questi aspetti generano tra loro un circolo virtuoso
grazie al quale giocare a Padel incrementa la voglia di giocare
a Padel.
Dottoressa, esistono studi scientifici in grado di confermare la
“dipendenza da Padel”?
No, al momento non ce ne sono. Ma è interessante un articolo del
2015 di Ferry Kovács che dà una interpretazione del Padel anche in
chiave chimica.