E i vincitori sono...
Il Primo: Francesco Molinari.
La Prima: Simona Quadarella.
Le Prime: Le Farfalle della Ginnastica.
In uno degli anni più bui della storia dello sport italiano, con la ferita ancora aperta per la mancata qualificazione della nazionale di calcio ai mondiali in Russia, e l’ennesimo anno di delusione Ferrari in formula uno, sono loro a nostro avviso, a vincere nelle rispettive categorie l’oscar per i migliori atleti del 2018.
Loro sono i fenomeni che, facendo parlare prima di ogni altra cosa le imprese sportive, hanno dato lustro allo sport italiano nel mondo.
Non ce ne vogliano i vari Miressi, Tortu, Goggia, la pallavolo femminile, di cui per altro abbiamo parlato nel numero scorso.
Ne potremmo citare anche altri.
Il titolo lo meriterebbero tutti anche perché tutti fanno parte di quella categoria di discipline sportive definite nei giornali e nelle testate televisive e radiofoniche genericamente “sportvari” o ancor peggio “sport minori”.
Una cultura sportiva che prima o poi dovrà cambiare sotto i colpi di titoli, primati, imprese storiche.
Prendiamo Francesco (Chicco) Molinari.
Oggi come oggi il “gigante del golf”.
L’uomo che è riuscito ad offuscare miti come quello, per esempio, di Tiger Woods.
E’ stato lui a guidare l’Europa nella vittoria della Ryder Cup contro le leggende americane.
Spaventoso il suo punteggio, nessun golfista europeo era riuscito a fare meglio nella storia di questo torneo.
Ma non basta.
E’ sempre lui ad entrare nella leggenda, come primo italiano ad aver vinto un torneo Master con la conquista del 147° British Open.
Ma non basta ancora.
Perché è sempre lui a trionfare nella Race to Dubai 2018.
Primo italiano a diventare miglior giocatore europeo da quando esiste questa formula.
Poi Simona Quadarella.
In piscina da quando aveva 6 anni, da quando la mamma la chiamava “gnappes” perché era sempre la più piccolina, la più minuta.
Quando la incontri in piscina per i sui allenamenti (due al giorno in vasca, più due sedute in palestra) il suo sguardo è dolce il suo carattere apparentemente mite.
Poi in vasca con lo sguardo si divora le vasche, con il carattere si mangia le avversarie.
Agli europei di Glasgow fa una cosa mai vista prima nella storia del nuoto italiano vincendo 400, 800 e 1500 stile libero.
L’Europa si inchina davanti alla nuova regina dell’acqua capace per una volta di lasciare nei ricordi il mito di Federica Pellegrini.
Ma questo è un paragone che ancora le crea imbarazzo. Se le fanno una domanda a proposito di Federica, si nasconde dietro un timido sorriso.
Anche il rispetto per la storia fa parte della grandezza di un personaggio.
Lei adesso ha in testa le Olimpiadi di Tokyo del 2020 poi ne riparleremo, forse ne riparlerà.
Infine le farfalle della ginnastica ritmica.
A definire così le ginnaste della ritmica nientedimeno che Giovanni Arpino la prima volta in un articolo sul Secolo XIX.
E lo stesso Arpino che successivamente, nel 1969 sulla Stampa di Torino, scrive: “che cos’è la ginnastica ritmica?
Qualche cosa che sta tra la farfalla e l’atleta”.
E poi racconta di “otto savi creature della Reale Ginnastica di Torino, che si allenano in un luogo sobrio, fin quasi alla povertà”.
Oggi le farfalle sono diventate “leonesse” per i titoli vinti.
Ultimo il mondiale di Sofia che le qualifica di diritto alle Olimpiadi di Tokyo.
Alessia Maurelli, Martina Centofanti, Anna Basta, Letizia Cicconelli, Agnese Duranti, Martina Santandrea.
Gli occhi ancora brillano, il senso dell’estasi ancora è intatto se si vanno a rivedere i loro esercizi con i cerchi sulla note del Lago dei Cigni e quello delle tre palle e 2 funi trascinate da Eye of the Tiger.
Leggere e leggiadre si ma dietro quei fisici solo all’apparenza esili c’è una forza dinamica spaventosa, un’elasticità indefinibile, un senso del ritmo e della musica da etoile della danza.
Lo sport non si misura solo in base agli ascolti televisivi o al giro di miliardi che può smuovere come nel caso del calcio e della formula uno.
La vera dimensione della potenza sportiva di un paese si misura soprattutto sulla capacità di esprimere campioni in ogni disciplina.
Per questo ci vuole da noi una vera e propria rivoluzione culturale.
Un movimento che parta da dentro ma che deve trovare nei media la giusta e completa definizione.
Le bandiere le abbiamo e sono tante perché tanti atleti ci sono dietro a Molinari, Quadarella e le ragazze della ritmica.
Loro ci guideranno lungo la strada verso le Olimpiadi di Tokyo per vedere il tricolore sventolare e l’inno di Mameli da cantare .