hi-tech

LA TECNOLOGIA CAMBIERA' IL VOLTO DELLO SPORT

L'innovazione tecnologica cambierà radicalmente le modalità di fruizione degli eventi sportivi. Uno scenario futuro, a portata di mano degli appassionati, perché, mentre scriviamo, migliaia di start up, in tutto il mondo, lavorano per rendere sempre più emozionante e coinvolgente la cosiddetta "fan experience" o per migliorare le prestazioni di atleti e squadre (quale che sia la disciplina di riferimento). Si affidano infatti alla tecnologia per essere maggiormente competitivi e performanti. Sono due facce della stessa medaglia, perché l'obiettivo finale è garantire uno spettacolo sportivo sempre più di alto profilo. Un mercato, quello dell'innovazione nello sport, che sviluppa un giro d'affari mondiale stimato in circa 250 miliardi di dollari, con ulteriori potenzialità di crescita nei prossimi anni. La gamma di sfruttamento del binomio software-tecnologia è enorme: si va dalla manutenzione degli stadi ad applicazioni per monitorare la presenza di giocatori e addetti ai lavori sui social media, alla prevenzione degli infortuni, al monitoraggio delle performance atletiche, al coinvolgimento dei tifosi (fan engagement), alla raccolta e interpretazione dei cosiddetti Big Data, allo sports-marketing, al fitness, agli smart device, solo per citare alcune delle attuali o future applicazioni.

WYSCOUT: DALLA LIGURIA AL CENTRO DEL MONDO

Il nome (Wyscout) può trarre in inganno. Un addetto ai lavori poco attento, infatti, potrebbe pensare di trovarsi ad una realtà americana o inglese e, invece, questa piattaforma online, utilizzata da diversi anni da centinaia di allenatori, club, procuratori e agenti sportivi, è totalmente italiana ed è nata da un'idea di un gruppo di giovani, che, a distanza di anni, ne hanno fatto un'opportunità di business sfruttando al massimo un'occasione imprenditoriale (nell'area di Chiavari in Liguria), che ha portato Wyscout a diventare un punto di riferimento nel sistema calcio internazionale. Questa innovativa piattaforma ha sostituito nel concreto i cd e le obsolete videocassette, che, un tempo, era l'unica modalità per esaminare un giocatore senza inviare l'osservatore di turno. Con Wyscout, invece, ogni direttore sportivo o presidente può visionare qualsiasi giocatore (accedendo ad un database sterminato) e decidere poi, se è il caso di trattare il suo acquisto o inviare un osservatore a seguirlo di persona. I tre fondatori "storici", Matteo Campodonico, Simone Falzetti e Piermaria Saltamacchia, prima avevano gestito alcune web tv legate al calcio, come quella del campionato Primavera o del Torneo di Viareggio. Uno dei primi allenatori a testare la piattaforma è stato Serse Cosmi, al quale i tre ex-ragazzi (oggi imprenditori) consegnarono un dvd con delle analisi sul Genoa, la squadra che allenava in quel momento. La piattaforma è stata perfezionata nel 2008 e da allora è diventata una delle più famose al mondo. Adesso sempre Campodonico ha lanciato il progetto di supporto e sviluppo di start up dedicate al mondo dello sport: si chiama WyLab ed è la nuova scommessa dei proprietari di Wyscout.

WYLAB, PRIMO INCUBATORE DELLO SPORT TECH IN ITALIA

Il comune di Chiavari, sede di WyLab, primo incubatore dello SporTech (al suo interno più di 20 startup rivolte al mercato dell'innovazione in ambito sportivo), si sta caratterizzando come punto di riferimento nazionale nella tecnologia applicata allo sport. Questa nuova realtà hi-tech (primo incubatore "certificato" della regione Liguria) nasce dal supporto di Wyscout (nato da un'idea dell'imprenditore Matteo Campodonico), leader di mercato nell'analisi e monitoraggio video delle prestazioni degli atleti (il database ha, al suo interno, video e statistiche di 500 mila calciatori), e da una serie di altre realtà. L'obiettivo futuro di WyLab (guidato da Stefano Tambornini) è diventare un centro di eccellenza per Sports Technology a livello mondiale. A confermare la bontà del progetto anche la presenza, in fase del lancio, circa un anno fa, di Giovanni Malagò, presidente del CONI. Proprio il Comitato olimpico tricolore intende investire e sviluppare, nei prossimi anni partnership tecnologiche, a supporto dello sport nazionale. Ed è per questa ragione che vede di buon occhio la nascita e sviluppo di questa struttura gestita da un management tutto italiano.

10 domande a Matteo Campodonico, Founder & CEO Wyscout.

Com'è nato Wyscout, dalla prima idea fino allo sviluppo della piattaforma?
Si parla tanto di start up: uno pensa che c'è un'idea e viene realizzata. In realtà è molto più complesso di così. La nostra azienda è una bella storia perché oggi fare start up vuol dire fare impresa: vuol dire che uno inizia e poi deve stare attentissimo a ottenere feedback del mercato, dai clienti, e da lì costruire, cambiare continuamente, innovare la propria idea di prodotto e di servizi. L'idea è nata da un episodio molto "banale". Quando giocavo a calcio, l'allenatore ci faceva vedere i nostri video per insegnarci a giocare; oppure riprendeva l'avversario e ci faceva vedere gli spezzoni di quelli che dovevamo marcare. Ci faceva vedere i campioni: registrava i pezzi del Milan di Sacchi, il tutto a fini didattici. Quello è stato lo spunto che, a 26 anni, mi ha fatto pensare di fare per tutte le squadre quello che il mio allenatore faceva solo per la mia squadra: utilizzare la tecnologia video per migliorare la performance. Evidentemente Wyscout “oggi” è totalmente un'altra cosa: è un'azienda, una piattaforma usata da club in tutto il mondo con tanti fini: scouting, match analysis, analisi del dato statistico. Quest'evoluzione è stato un percorso dal primo step, la parte di scouting, in cui io andavo in giro a parlare con i direttori sportivi e vedevo che l'analisi e l'acquisto di calciatori era fatto ancora alla vecchia maniera. La tecnologia non ci entrava minimamente: c'erano gli scout che andavano a vedere, o c'erano i dvd dei procuratori che però mostravano giocatori solo “buoni”. Come primo step abbiamo iniziato a cambiare questo aspetto, nel senso che abbiamo cercato di dare a direttori sportivi e scout la possibilità di essere più oggettivi: quindi vedere tutti i 90 minuti, non solo le azioni buone; vedere le cose negative; archiviare e avere in tempo reale la disponibilità di tutti i video, da tutto il mondo.
Wyscout dunque è diverse cose: scouting, archivio, studio dell'avversario. Qual è stata, e qual è ora la "killer application" della piattaforma? Qual è la l'applicazione più vincente?
Essendo una piattaforma, la killer application è il concetto stesso di piattaforma; l'innovazione è stata proprio il mettere in una piattaforma tutti i giocatori, le squadre, di qualsiasi livello, di tutto il mondo. Questa è stata la novità, mentre prima le società lavoravano senza piattaforma: archiviavano su loro sistemi in modo un po' disordinato. Inoltre il concetto di utilizzo, noi per primi, dello streaming "alla Youtube": clicco e vedo... Mettere velocemente a disposizione situazioni e informazioni sul calciatore, questa è stata l'idea vincente.
Avete lanciato anche il progetto Wylab. Quante start up avete ospitato e lanciato finora?
Ne abbiamo viste tante, in questi anni. Proprio perché start up vuol dire fare impresa, siamo anche molto prudenti nella selezione. Stiamo lavorando su progetti che possano “stare in piedi” facilmente: magari meno avveniristici ma molto concreti; che abbiano subito possibilità di andare sul mercato e fatturare. Ne abbiamo selezionate direttamente cinque, e altrettante ne stiamo aiutando in una fase di configurazione della loro idea. Ripeto: un conto è avere l'idea, un altro è avere un modello di business. Capita spesso che arrivino idee, ma senza la conoscenza del mercato. La cosa più frequente in assoluto è che qualcuno arriva con un'idea; noi gli chiediamo: “Conosci questa azienda famosa che fa la stessa cosa?” Normalmente la risposta è “no”. Questo è un limite molto grande che riscontriamo. Poi c'è il limite del concetto di business. Oggi fare impresa è “fare impresa”, e per farlo gli imprenditori devono avere delle caratteristiche: la predisposizione a vendere; a gestire; un po' di conoscenza di elementi di economia. I puri geni che inventano un algoritmo o un sistema sono altro.
I club di football più famosi utilizzano i vostri servizi. Qualcuno vi ha chiesto evoluzioni personalizzate della piattaforma?
Soprattutto all'inizio era frequente che ci chiedessero delle personalizzazioni. Chi fa piattaforme capisce che è impossibile stare dietro a qualsiasi richiesta. Noi non personalizziamo: cerchiamo di dare al cliente la possibilità di personalizzare qualche estrazione di dati, qualche visualizzazione. Mettiamo da parte il feedback che arriva dal cliente; quando ce ne arrivano trenta che ci chiedono la stessa cosa, la mettiamo in produzione per tutti. Abbiamo questo concetto di piattaforma flessibile per cui si può accedere a tutta la piattaforma o solo a una parte. Dentro al sistema ci sono tanti tool di lavoro: alcuni per gli scout, altri per i mister. Quindi la piattaforma è personalizzata a seconda dell'utente.
Queste richieste di personalizzazione arrivano di solito dalle società più piccole o anche dai top club?
Arrivano un po' da tutti: è un continuo. Quanto più usa una piattaforma, l'utente evoluto fa richieste, a partire dalle cose banali: “Perché non mettere la lista delle azioni a destra, anziché a sinistra? Perché non fare un'applicazione che facci tirare fuori dati in questo modo?”. E' un continuo di piccoli miglioramenti quotidiani. Ne avremo mille in lista, da fare.
Wyscout è nata per il calcio. State pensando di applicarla ad altri sport?
Ce l'hanno chiesto tante volte e ci abbiamo pensato, però oggi non abbiamo la possibilità di farlo. Oggi la nostra posizione sul calcio è così interessante che ci conviene investire su questo sport calcio, perché c'è ancora ancora tanto spazio: è un mercato in forte crescita.
Chiavari, in Liguria, è da sempre la vostra unica sede. Avete mai pensato di spostarvi verso altri mercati, seguendo i campionati più importanti come quelli in Inghilterra, in Germania e in Spagna?
Un conto sono i piccoli uffici commerciali, come abbiamo a Londra ad esempio, un conto è il cuore dell'azienda che siamo orgogliosi sia a Chiavari. Siamo soddisfatti di essere riusciti a sviluppare un'azienda che lavora in 90 paesi, partendo da un posto così "piccolo".
Questi grandi archivi di dati consultabili sono solo una moda o veramente l'uso di queste piattaforme può cambiare la stagione di un club?
Come in tutti i settori oggi è assolutamente normale partire dal dato per qualsiasi decisione. Non cambia la sorte di un club, però è come se un'azienda facesse un investimento senza analizzare il business plan. Sarebbe strano, oggi, non partire dai dati per comprare un calciatore, perché ci sono i dati di tutti i calciatori del mondo.
Dall'esterno sembra che il "mercato" del calcio sia ancora un po' umorale.
È così. Ci vorranno ancora degli anni e un cambio culturale. Certamente oggi tutti usano Wyscout per guardare i giocatori da comprare; questo è un aspetto. Poi c'è un secondo tipo di utilizzo, più intelligente: "Voglio vedere i 2000 (diciottenni, nda.) che stanno giocando regolarmente in Sud America". Questo processo in Wyscout richiede due click. Io sono abbastanza certo che questi due click li fa meno del 10% per cento dei nostri clienti.
In futuro sarà diverso?
Il sistema informativo di big data farà parte dei processi decisionali dei club, senza dubbio. Se un procuratore andasse a proporre a una squadra un giocatore cileno, potrebbe raccontare tutto quello che vuole, ma se nel ranking di Wyscout il giocatore fosse sotto la decima posizione per ruolo nel suo campionato, il procuratore lo dovrebbe spiegare. Se si cerca un allenatore che crea gioco, la misura degli “expected goal” (qualità e quantità delle occasioni da rete create dalla squadra, nda.) è altamente esemplificativa: se un allenatore ha un alto ranking di expected goals, sinceramente si può anche quasi non vederlo, perché vuol dire che ha messo tante volte i giocatori in condizione di segnare. Poi magari la squadra non ha segnato perché non aveva Dybala, ma il dato significa qualcosa. Per cui, dalla scelta dell'allenatore alla scelta del giocatore, oggi ci sono i sistemi e i dati per decidere di darci un'occhiata; poi magari la scelta è contraria ma, secondo me, un'intelligenza applicata al calcio arriverà.
Ci sono novità nella piattaforma per questa stagione?
Tutti gli anni tiriamo fuori qualcosa. Fa parte del nostro essere un'azienda innovativa: ci piace innovare, se non innoviamo ci sembra di non fare azienda. Quest'anno stiamo lavorando tantissimo sul dato; sulla visualizzazione del dato; sul rendere fruibile il dato. Inutile avere milioni di dati se sono di difficile interpretazione. Stiamo lavorando molto sul far leggere, e sull'imparare a lavorare con i dati. Inoltre quest'anno stiamo lanciando l'applicazione “Penalty", l'analisi che aiuta a studiare i rigori, utile sia per il portiere e l'allenatore dei portieri, sia per gli attaccanti. Se lo United deve giocare con il Liverpool, l'allenatore si mette li e con tre click guarda tutta la storia dei rigori tirati ad Alisson, statistiche e video: come si butta a destra o a sinistra a seconda di chi batte; se guarda o non guarda. Certamente sono dei piccoli particolari, che però non possono non essere studiati. Per come avviene oggi la preparazione di una partita, con l'allenamento personalizzato e stando attenti a particolari come quanto dormono i giocatori, anche lo studio del rigore va fatto con un livello di dettaglio pazzesco.
Quali consigli darebbe a chi vuol fare una start up in Italia?
È importante trovare persone giuste a cui chiedere consigli. Tante volte purtroppo uno deve anche capire che la fa troppo facile. La prima cosa per fare start up è fare un'azienda. Altrimenti, se ha solo un'idea, deve vendere l'idea, che è una cosa un po' diversa. Poi bisogna essere molto concreti. Molti guardano oggi al modello americano, per cui sembra facile raccogliere soldi; ma poi in realtà nessuno regala soldi per niente. I soldi arrivano se ci sono delle idee buone e le persone giuste che le applicano. Se non ci sono i soldi vuol dire che non c'è business o la persona che lo può fare. Bisogna essere molto concreti e semplici.
Voi siete partiti come appassionati di calcio ed ex calciatori. La passione è aumentata, oppure schematizzarlo così ve lo fa vedere come un lavoro o, appunto, un business?
Ovviamente la passione dopo un po' scema. Io sono genoano e preferisco vedere il Genoa che la finale dei mondiali. Un tifoso è tifoso comunque: quello non si perde. Cito un esempio: un giorno mi ha chiamato la Samp; c'erano ancora Marotta e Paratici (oggi entrambi alla Juventus, nda.). Per me all'epoca andare dalla Samp era qualcosa di difficile, perché ero veramente ancora genoano doc. Però ho detto "Che cosa facciamo? Ci andiamo!". Entrare alla Samp mi ha fatto capire che gli affari sono affari.
Nel guardare la partita c'è ancora la poesia della sorpresa, del gesto tecnico, oppure è qualcosa di già previsto da Wyscout?
No, quello grazie a Dio è calcio. Ci può essere tutto il Wyscout del mondo ma poi ci sono mille fattori che fanno vincere una partita. Noi, appunto, facciamo questa cosa dei rigori (l'app “Penalty, nda.), ma io sono il primo a dire che non so se serva.
Anche perché la vedono sia il portiere sia l'attaccante...
La vedono tutti. Il concetto è che non si può non vederla: non puoi non avere i dati in mano. Poi, se hai istinto, lasci stare i dati e vai d'istinto. Se un attaccante sa che il portiere si butta l'80% delle volte a destra, dove tira? C'è il genio che dice: "Io non sbaglio mai e tiro a destra". Poi il calcio è bello e va fuori dalle dinamiche di numeri. Non è come il basket: è più imprevedibile.