ANDREA DOVIZIOSO, L’ANTIDIVO

«L’impresa eccezionale - dammi retta - è essere normale», cantava Lucio Dalla in Disperato Erotico Stomp. Andrea Dovizioso da Forlimpopoli, classe 1986, pilota della Ducati in MotoGp, lo ripete rivendicando con orgoglio la sua normalità. Non ci tiene a fare il personaggio, ad essere al centro delle attenzioni, sotto i riflettori. Non ci tiene a tentare di imitare Valentino Rossi per farsi spazio nel paddock, per vendere più cappellini, per strappare più titoli sui giornali. Il “Dovi” è diverso. E’ così normale che un giorno il suo amico Luca Cadalora (tre volte campione del mondo) gli disse: “Tu Dovi sei del colore dell’asfalto. Invisibile, tipo quelli che a una festa sfumano nella tappezzeria”. Asfalto – quasi ironicamente - è anche il titolo del suo libro appena uscito. Quando parla il tono della voce è pacato, non è frenetico come altri suoi colleghi. Non c’è motivo di chiedere spiegazioni. A far rumore, invece, ci pensa la sua moto, e i risultati. Non è uno “smanettone” presuntuoso ma il suo stile di guida è essenziale. Pulito. Lo scorso anno con Marquez si è giocato il titolo di campione del mondo all’ultimo gran premio. Una scivolata a cinque giri dal termine ed è finita. Ritirato. Mai nessuna dichiarazione fuori luogo, dopo sei mesi ne parla in maniera positiva perchè nel 2017 Dovizioso ha fatto resuscitare la Ducati, che non è una cosa semplice. "Sono davvero contento, è stata una stagione esagerata – una parola che difficilmente usa – in quel gran premio non potevo fare di più. Non avevo la velocità per andare là davanti e superare Marquez, faccio ancora i complimenti a lui e alla sua squadra che ancora una volta ha fatto la differenza.”
Il 2017, con 6 gran premi vinti, resta la sua annata migliore. "Volevamo quel titolo quanto Marc – ci racconta dopo aver ottenuto il secondo posto al Mugello dietro il suo compagno di squadra Lorenzo - in quell’ultima gara ho dato la vita dal primo giro ma non avevo tante carte da giocarmi. La gomma dietro calava e non potevo attaccare, facevo piccoli errori che non mi consentivano di recuperare e le staccate diventavano piano piano sempre meno aggressive... Ma resto molto contento di quello che ho fatto. Il 2017 è stato un anno esagerato. Ma non ci fermiamo qui.”
Ai box lo aspettava tutta squadra per fare festa, come se avessero vinto il mondiale. Quel secondo posto nel mondiale 2017 ha rilanciato le speranze e le ambizioni di tutto il team. In gara la differenza il Dovi la fa nelle “staccate”. E’ forse questo il momento dove si misura meglio il coraggio di un pilota. Bisogna averne tanto e anche una bella dose di incoscienza. A vederlo fuori dalla pista non sembra un tipo così ma provate a pensare di arrivare a 340 km/orari alla fine di un rettilineo e frenare dopo gli altri. Provate a farlo anche quando piove e non vedete niente. Quando guidate a memoria. Anzi meglio, non provateci.
Ne ha fatta di gavetta il Dovi. Aveva 7 anni e nelle “minimoto” era imbattibile. Vinceva sempre lui. Alle gare lo accompagnava in camper il padre… “Il mio babbo era pazzo, un grandissimo appassionato. Mi portava a girare, ma non avevamo mezzi. Partivamo per la gara senza avere i soldi per tornare indietro. Non è una battuta: mangiavo nei camper degli altri piloti, perchè se aspettavo mio babbo…Lui non pranzava, figurarsi se lo devo fare io.” ci racconta sorridendo.
C’è tanto da imparare da Andrea Dovizioso. Il suo approccio alle cose è particolare, il suo stile è misurato e mai fuori dalle righe. Si scatena invece quando fa il motocross. “Perché è libertà, più che correre in pista – ci racconta – il motocross è terra, sporco, voglia di giocare.”
Qualche anno fa quando le cose andavano piuttosto male, il Dovi aveva anche valutato di smettere di fare il pilota professionista e di continuare, da dilettante, in fuoristrada. “Se non fai certi risultati ti schiacciano, vieni giudicato male anche se magari fai quarto, quinto o sesto.” Andrea Dovizioso non è mai andato dietro le mode del momento, è rimasto sempre se stesso. Due cavalli, uno bianco e uno nero, si incastrano nel simbolo che rappresenta Andrea Dovizioso. Il cavallo bianco è la razionalità, il calcolo, il sapersi mettere in discussione «anche oltre il buon senso» come ci confida. Il cavallo nero, invece, è l’irrazionalità, l’istinto, il colpo di genio.