CREDITO SPORTIVO

LA FABBRICA DELLA FIDUCIA

di Marco Oddino

Intervista al Presidente ICS Andrea Abodi che fissa l’agenda degli impegni dell’unica banca pubblica italiana, dedicata allo sviluppo e al miglioramento dello sport e della cultura del Paese.

Presidente, lei è il numero 1 dell’ultima banca pubblica italiana. Come interpreterà questo ruolo e dove vuole portare questo istituto in termini di missione aziendale?
Interpreterò il ruolo che mi è stato affidato con la consapevolezza di dover contribuire a far esprimere all’Istituto, dopo più di sei anni di commissariamento peraltro ben gestito, il massimo del potenziale al servizio dello sviluppo delle infrastrutture sportive e culturali, pubbliche e private, del nostro Paese. La nostra è una banca che ha dato molto all’Italia nei suoi sessant’anni di vita, con oltre 25.000 cantieri finanziati in ogni angolo del Paese e per impianti di tutte le discipline sportive. Dobbiamo proseguire, migliorando la nostra efficacia ed efficienza, finanziando i progetti che lo meritano e contribuendo anche alla elaborazione dei progetti stessi, attraverso una piattaforma di servizi dedicati ad analisi del contesto, progettazione, supporto amministrativo ed elaborazione dei business plan. Nel futuro prossimo immagino anche un istituto capace non solo di finanziare, ma anche di investire in progetti che esprimono qualità e innovazione. Direi che nei prossimi dieci anni, con il supporto dei Soci e il lavoro comune, nella differenza e nel rispetto dei ruoli, del Consiglio di Amministrazione e dei 170 colleghi che ci lavorano, il Credito Sportivo potrà diventare molto di più di una “semplice” banca.
Qual è lo stato dell’arte dell’impiantistica sportiva italiana?
Volendo sintetizzare, senza banalizzare, direi che ci sono poche eccellenze infrastrutturali, molta manutenzione da sviluppare sull’impiantistica esistente e nuove opportunità per quella che potrà nascere, dove sarà possibile e necessario. Con tre presupposti: la piena sostenibilità ambientale, sociale e finanziaria, una sana collaborazione pubblico-privato e un adeguato salto di qualità culturale a livello di educazione sportiva e di gestione delle infrastrutture dedicate allo sport, fattori che dovranno sempre più combinarsi positivamente tra loro.
Nel concreto quali sono le aree di intervento di ICS in termini di infrastrutture non solo sportive?
Nello sport sarà ancora più significativo il nostro impegno per migliorare le infrastrutture ad alto profilo di socialità, a partire dal sud Italia dove se ne avverte maggiormente il bisogno, con una particolare attenzione per le infrastrutture scolastiche e universitarie, e per le reti di infrastrutture sportive a cielo aperto, dedicate al running, alla ciclabilità e ai percorsi fluviali. Nello specifico ambito calcistico sono certo che ICS reciterà un ruolo di primo piano diventando una sorta di acceleratore qualitativo di un piano di sviluppo che nei prossimi quattro, cinque anni porterà (finalmente!!) alla realizzazione di almeno dieci nuovi stadi di club professionistici, con investimenti superiori a 1,5 miliardi di euro e un positivo impatto sul PIL dei territori che vedranno nascere infrastrutture di qualità, nell’ambito di progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana. Ma ICS aprirà fin da subito anche una linea dedicata interamente alla cultura in tutte le sue forme e articolazioni, dalle infrastrutture ai contenuti. Con il nuovo piano industriale che disegnerà le linee strategiche ICS dei prossimi dieci anni, l’Istituto si candida a recitare un ruolo di primo piano in questo settore, fondamentale per il nostro Paese dal punto di vista civico, sociale ed economico. E la relazione tra sport, cultura, intrattenimento e benessere rappresenterà per noi il moltiplicatore delle opportunità e il fattore ottimizzante di quella che, non a caso, considero la “fabbrica della fiducia”
In Italia dal 2011 ad oggi sono stati rigenerati e/o costruiti solo 4 impianti. Non le sembra che con questi tempi difficilmente avremo a breve un nuovo parco impianti moderno e hi-tech degno di questo nome?
Se è per questo, quelli ai quali si fa riferimento nella domanda sono gli unici impianti realizzati e riqualificati dopo Italia 90 e il fatto di averli finanziati rappresenta per il Credito Sportivo un motivo di parziale soddisfazione. Vorremmo partecipare alla crescita dell’intero sistema calcistico e non soltanto di singole società, comunque meritevoli di encomio per intraprendenza e lungimiranza. In questi anni, i tempi sono stati effettivamente estenuanti, scoraggiando a volte chi ha avuto voglia di intraprendere, ma anche per questo l’imperativo categorico è conoscere e utilizzare al meglio tutti gli strumenti che la nuova legge mette a disposizione dello sviluppo delle infrastrutture sportive, adottando un modello nel quale ci sia una sequenza logica che parta dall’ascolto e dall’analisi del territorio e del mercato, piuttosto che dalla dimensione architettonica e infrastrutturale. La sostenibilità ad ampio spettro di un progetto parte dal rispetto di questi presupposti.
Quanto è importante il ruolo di ICS in questa rivoluzione copernicana del calcio, ma quanto è importante anche avere imprenditori degni di questo nome al fianco della banca?
Mi auguro che il contributo del Credito Sportivo possa essere prima di tutto legato proprio all’affermazione del modello e del metodo da adottare, perché questi sono fattori che consentiranno di limitare le insidie burocratiche dell’iter e rendere più facile la finanziabilità delle opere. D’altro canto, qualsiasi processo di sviluppo poggia sulla qualità del proponente e del progetto, quindi sarà decisivo che il sistema calcistico nel suo complesso maturi la consapevolezza dell’importanza decisiva di questi elementi ai quali se ne associano altri due: la reputazione e la credibilità del sistema  che dipende anche dai comportamenti individuali e  il valore del prodotto-calcio che contiene al suo interno anche la qualità della relazione con gli appassionati e gli investitori. Per il bene del calcio, per la sua valenza sociale e per il suo impatto sull’economia italiana.
Dal suo osservatorio privilegiato ritiene che sia fondamentale il ruolo del nuovo Governo o le leggi attuali sono sufficienti già per operare bene?
La legge sull’impiantistica sportiva, ulteriormente migliorata lo scorso anno, rappresenta un fattore di garanzie di tempi, modi e condizioni che in passato mancavano totalmente. Dopodiché, tutto è migliorabile, ma credo sia prioritario in questa fase adottare un modello di program management logico e razionale al quale il Credito Sportivo intende dare un contributo non convenzionale, non limitandosi a essere una “semplice” banca, ma una piattaforma di soluzioni che razionalizzino il percorso progettuale senza banalizzarlo, rispondendo alle esigenze delle comunità e delle Amministrazioni e facilitando la realizzazione delle opere.
Quando è stato presidente della Lega B ha lanciato un progetto sociale a sostegno di Lampedusa. Adesso in questo nuovo ruolo vedremo di nuovo iniziative di questo tipo?
Il tema della responsabilità sociale credo debba essere centrale nelle politiche delle imprese e delle associazioni d’impresa, quindi mi auguro di poter sviluppare ulteriormente questa tematica con un soggetto, come il Credito Sportivo, che ha la socialità nel suo dna. Lo stadio che B Solidale, insieme ad altri generosi finanziatori tra i quali ICS, ha donato a Lampedusa e ai lampedusani, ha rappresentato un’esperienza emozionante e gratificante che si collega a un’identica iniziativa che ha consento di realizzare un impianto a San Patrignano e ad Amatrice. Tre stadi che rimarranno collegati tra loro non solo idealmente, ma anche attraverso progetti di collaborazione sportiva – dedicati ai bambini e alle squadre delle tre località - ai quali continuerà a dare il suo contributo il Credito Sportivo. C’è tanto bisogno di cose buone da realizzare; la nostra banca sente la responsabilità e il piacere di mettersi quotidianamente a disposizione per fare la sua parte.
Qual è il suo sogno nel cassetto, come nuovo presidente dell’ICS?
Quello di fare bene il mio dovere, nel ruolo che in questo caso mi è stato affidato dal Governo. Ho sempre sognato di poter essere utile e concreto in tutte le fasi della mia vita lavorativa e questa esperienza al vertice dell’unica banca pubblica del nostro Paese rappresenta il coronamento di un percorso. L’obiettivo è il bene comune e questo è ben chiaro non solo a me, ma anche agli altri 170 colleghi che lavorano ogni giorno in tutta Italia, per contribuire al miglioramento delle infrastrutture sportive e culturali. Tanto più in questa fase delicata del nostro Paese, nella quale il senso del dovere e dell’interesse generale deve avere il sopravvento sulle nostre cattive abitudini e attitudini.