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Potito Starace

Dritto per la mia strada

Di Valeria Barbarossa

Il tennista campano si sente pienamente soddisfatto della sua carriera. Sognava di arrivare nei primi cento al mondo e così è stato. In classifica ha toccato il 27esimo posto. Pazienza e tranquillità sono le sue virtù oltre ad un dritto che ha fatto penare diversi campioni… tra cui Raphael Nadal.
Nato a Cervinara, un piccolo paesino in provincia di Avellino, questo talento italiano colpisce per la sua calma e sensibilità. Una brutta vicenda che lo ha visto implicato in un giro di scommesse, ha segnato profondamente il suo spirito e fermato la carriera per più di un anno. Alla fine è arrivata la piena assoluzione da tutte le accuse e con grande forza ha ricominciato da un nuovo ruolo: quello di coach.
Potito perché proprio il tennis?
Ho iniziato per caso. Mio padre giocava a calcio e per un anno l’ho praticato anch’io. Poi avendo un circolo di tennis proprio sotto casa, che in seguito è diventato nostro, ho iniziato ad appassionarmi al tennis.
Che cosa ti piace di più di questo sport?
Che è uno sport individuale. Che ti scontri da solo con un’altra persona. Sei tu e basta. Le vittorie come le sconfitte sono solo merito tuo. Ogni incontro diventa una lotta con te stesso prima che con l’avversario.
L’aspetto più difficile?
Essere sempre presenti, costantemente. Non c’è mai un punto in cui dici: ora sono arrivato. Devi continuare a girare il mondo per affermare la tua posizione. Questo è un po’ stressante.
Come mantenevi la calma in campo?
Di base ho un carattere molto tranquillo. Il segreto, almeno per me, era di non pensare ai punti persi. Poi ogni giocatore è diverso, ci sono quelli che perdono la testa spaccando racchette ma che poi hanno la capacità di ritrovare la concentrazione e ricominciare.
Come trovavi la concentrazione prima di un match?
Non c’è mai stato un “come”. Ho lavorato molto su me stesso e un grande aiuto me l’hanno dato i miei coach. Partivo comunque da una tranquillità mentale che ho di carattere.
Tecnicamente, qual è stato il tuo punto debole?
Il rovescio su cui ho lavorato tantissimo per migliorarlo al massimo. In compenso, avevo un gran dritto e quindi cercavo di giocare le palle con quel colpo.
Chi era il tuo idolo da bambino?
André Agassi perché era diverso da tutti gli altri: vestiva in maniera strana, con pantaloncini di jeans, portava questi capelli lunghi ed era di una simpatia davvero singolare.
Che cosa hai provato quando ti sei scontrato con professionisti come Roger Federer e Raphael Nadal?
Ammetto che le prime volte, prima di entrare in campo, ho sentito sicuramente una forte emozione. Quando ho iniziato a giocare però ho ritrovato la freddezza che serve. Dopo diventa normale quando giochi a certi livelli.
Che caratteristiche hanno questi giocatori?
Un’infinita passione per questo sport, voglia di vincere e tanta umiltà. Fuori dal campo sono ragazzi normalissimi con i quali parlare di tutto. Con Roger Federer ad esempio, siamo in ottimi rapporti e ci sentiamo spesso.
È stata confermata la tua piena assoluzione in merito alla vicenda che ti ha visto coinvolto per aver alterato il risultato di alcune partite per realizzare guadagni illeciti. Come hai vissuto il tutto?
Male. Ho smesso di giocare in un momento in cui viaggiavo a pieno ritmo e ricominciare dopo un anno era impossibile. Ma è andata così. Certo, il tempo perso non me lo può ridare indietro nessuno ma non ho rimpianti. Essere arrivato 27esimo al mondo è un risultato che mai mi sarei aspettato. Era il mio sogno entrare nei primi cento, quindi mi ritengo più che soddisfatto della mia carriera.
Ora che cosa fai?
Al Salaria Sport Village abbiamo un’accademia, la BFD Academy. Faccio l’allenatore e mi piace davvero molto.
Da giocatore ad allenatore che differenze ci sono?
Da giocatore sei al centro di tutto, da allenatore devi gestire gli aspetti del giocatore a 360°: la parte tecnica, emotiva, mentale… sei amico, padre, coach. È una grande responsabilità.
Che consiglio vuoi dare ai giovani tennisti?
Di avere fiducia in sé stessi, di divertirsi e di non farsi scoraggiare dai momenti bui. Nel tennis, come in qualsiasi altra attività, ci vuole prima di tutto la passione e la voglia di sacrificarsi.