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Lady Fioretto

L’ex schermitrice italiana nel corso della sua carriera ha dimostrato grande tenacia, umiltà e forza d’animo. Un infortunio che le è costato sette interventi l’ha costretta a lasciare la pedana prima del tempo… ma non senza prima combattere come una leonessa.

Di Valeria Barbarossa

Campionessa del mondo nel 2005, medaglia d’oro ai campionati mondiali di scherma di Torino nel 2006, due bronzi olimpici a Pechino 2008: questi i traguardi raggiunti dalla bellissima fiorettista originaria di Trieste. I problemi al ginocchio le hanno causato molti stop e, come lei stessa racconta, spesso momenti di sconforto. Ha lottato con grande ostinazione fino a che ha dovuto mettere la parola fine alla carriera. Ma la sua rivincita se l’è presa fuori dalla pedana: è il caso di dire che la vita toglie, la vita dà e proprio dopo Pechino 2008, grazie ad una sua dichiarazione, ha catturato l’attenzione di Michele Santoro che l’ha voluta al suo fianco come inviata di Anno Zero. Ha intrapreso una carriera giornalistica che l’ha impegnata negli anni successivi in svariate trasmissioni, tra cui Sport Science, Sirene e Buonanotte Londra accanto a Jacopo Volpi e Simona Rolandi.

Margherita come ti sei avvicinata al fioretto?
Seguendo le orme dei miei fratelli. Sono l’ultima di quattro figli. All’inizio era un gioco, simulavo gli assalti a casa e poi, crescendo, si è trasformata in professione.
Che tipo di allenamento bisogna affrontare?
Naturalmente dipende dall’età. Quando ho iniziato a far parte della Nazionale Maggiore mi allenavo mattina e pomeriggio dividendo le sedute fra preparazione atletica e allenamento in pedana con i compagni di sala.
A livello psicologico come ti preparavi?
È uno sport dove devi mantenere la concentrazione alta nonostante la fatica. È poi una disciplina da combattimento e individuale, quindi è fondamentale lavorare sulla propria autostima. Su questo ho dovuto faticare un po’ ma per fortuna avevamo uno psicologo dello sport che mi ha aiutato molto a trovare la fiducia in me.
La gara più difficile?
Non trovo ci sia stata una gara più difficile di un’altra anche se a livello di importanza sono tutte diverse. Un’Olimpiade richiede grande concentrazione e preparazione non solo per la difficoltà ma anche per il fatto che è la manifestazione sportiva più importante e che c’è una volta ogni quattro anni, per cui è difficile poter programmare un’altra partecipazione nella successiva. Questo la rende una gara molto complessa mentalmente. Molto difficili sono state le ultime gare dopo l’infortunio dove ho dovuto ricominciare dalle fasi regionali in cui ho affrontato la paura di perdere e di fallire di fronte ad avversarie più giovani di me di vent’anni.
L’avversaria più difficile?
Certamente un po’ per tutte, Valentina Vezzali. Lei era nettamente più forte di me!
E la gara che ti ha emozionato di più?
L’oro vinto a Torino. Ero un’atleta di alto livello da qualche tempo, venivo comunque dal primo infortunio ma non riuscivo ad entrare nell’imbuto delle migliori. Sapevo di avere delle potenzialità e desideravo tanto arrivare sul podio. Quando è arrivato l’oro è stato un tripudio di gioia, emozione e soddisfazione.
Come hai affrontato tutto l’iter dei tuoi infortuni?
Con molta pazienza e un pizzico di follia. Sono stata operata sette volte ma la passione che mettevo nel mio sport la mettevo anche quando andavo a fare la riabilitazione. Ho sempre cercato di essere positiva. L’obiettivo della pedana era il mio stimolo. Poi quando mi sono rotta nuovamente il tendine rotuleo ho deciso che mi ero incaponita abbastanza e quindi mi sono ritirata. Poi dopo qualche mese sono rimasta incinta.
Come sei arrivata da Santoro?
Alle Olimpiadi di Pechino durante un’intervista in cui ho preso una posizione in merito al rispetto dei diritti umani per la questione del Tibet, devo aver incuriosito Santoro che mi ha fatto chiamare dalla redazione proponendomi di intervistare i giovani. È iniziata così.
Che cosa ti piace e che cosa non ti piace della tv.
Mi piace il grande potenziale che ha. Non mi piace come, a volte, questo potenziale viene utilizzato.
E del fioretto?
Mi piace da matti la diversità di ogni singolo assalto. Certi movimenti è vero che li ripeti ma uno non sarà mai uguale all’altro. Non mi piace, paradossalmente, che sia uno sport da combattimento e di contatto. A volte per arrivare a certi livelli devi essere un po’ cattivo ed egoista e per chi non lo è di natura non è facile sostenere quel ruolo.
Ora che sport pratichi?
Ho ricominciato da poco a correre, cosa che non facevo più neanche negli ultimi anni da atleta per i problemi al ginocchio e devo dire che mi piace. Sto poi lavorando ad un blog sportivo il cui obiettivo è raccontare e far conoscere vari sport attraverso delle prove che affronterò io stessa.
Hai seguito le Olimpiadi?
Sì. Chiaramente la scherma ma un po’ tutti devo dire: ciclismo, pallanuoto, pallavolo. Direi che è stata un’ottima Olimpiade, siamo andati altre le aspettative che non erano altissime.
Il tuo atleta preferito?
Senza fare torti a nessuno, direi Daniele Garozzo (medaglia d’oro nel fioretto a Rio 2016, ndr).
Che cosa pensi della candidatura di Roma 2024 che, a questo punto, sembra improbabile?
Mi dispiace che sia diventata una questione prettamente politica. Da sportiva che crede nei valori dello sport mi piacerebbe che si avverasse questo sogno. Ho imparato da atleta che allenarsi vuol dire migliorarsi. E vorrei che a questa città venisse data l’opportunità di migliorarsi.