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Tamberi vuole l'oro di Rio

Intervista al campione che rappresenta la migliore speranza di vittoria per l'atletica leggera azzurra alle prossime olimpiadi di Rio.

di Marta Angelucci
Intervista di Giuliano Giulianini

Nonostante una storia gloriosa, gli ultimi decenni non sono stati prodighi di vittorie per le squadre olimpiche di atletica leggera. Gli ultimi tre ori vinti da azzurri sono frutto della grande tradizione del fondo: Alex Schwatzer a Pechino 2008 nella 50km di marcia, Ivano Brugnetti nella 20km di marcia e Stefano Baldini nella maratona ad Atene 2004. Per ritrovare un oro vinto "dentro" uno stadio olimpico bisogna tornare al 1984, 32 anni fa, quando l'inno di Mameli risuonò a Los Angeles per Alberto Cova (10000m), Gabriella Dorio (1500m) e Alessandro Andrei (peso). Le ultime gare internazionali però ci hanno regalato qualcosa più di una speranza: Gianmarco Tamberi, il campione mondiale indoor di salto in alto, oro conquistato a marzo a Portland, con la misura di 2,36 m.
Nato a Civitanova Marche nel giugno del 1992, l’atleta in forza alle Fiamme Gialle, è anche figlio d’arte: è infatti figlio dell’ex saltatore in alto Marco Tamberi, due volte primatista italiano indoor. Tamberi senior è ora allenatore dell'azzurro, e segue le gesta anche dell'altro figlio: il fratello maggiore, Gianluca, primatista italiano nel lancio del giavellotto. Gianmarco, che ha compiuto 24 anni proprio il 1° giugno, alla vigilia del Golden Gala, è soprannominato "Mister Halfshave", per la decisione, presa nel 2011, di radersi la barba su una guancia sola.

Tra pochi giorni ti vedremo a Roma, impegnato nel Golden Gala: quale obiettivo ti poni per questo evento "di casa"?
Gareggiare in Italia, soprattutto davanti al mio pubblico mi rende sempre molto felice, mi piace coinvolgere la gente e farla divertire quindi ancora di più lo sarò a Roma. Il mio obiettivo, in tutte le gare, è fare sempre meglio e sono molto esigente con me stesso.
L'oro olimpico a Londra è stato vinto con la misura di 2.38m, che guarda caso è il tuo personale indoor, ad appena 1cm dal tuo miglior risultato all'aperto: che ambizioni hai per Rio?
I Giochi Olimpici di Rio sono il mio obiettivo da 4 anni. Ho dato e continuerò a dare più del massimo per non arrivare secondo. I miei avversari sono fortissimi e vogliamo tutti la stessa cosa. La medaglia d’oro al Campionato del Mondo di Portland è stata la conferma della quale avevo bisogno.
Quali saranno i tuoi principali avversari in quella gara?

Al momento i miei avversari principali sono Mutaz Essa Barshim e Bohdan Bondarenko. E il primo è considerato da tutti noi come il più temibile, un vero campione.
Qual è il tuo programma di gare da qui alle Olimpiadi?
Parteciperò ad alcune gare della Golden League: sarò a Rabat il 22 maggio, a Roma il 2 giugno e a Birmingham il 5. Poi ci saranno i Campionati Europei ad Amsterdam il 9 e 10 luglio, sarò a Monaco il 15 e a Eberstadt il 17. E poi l’Olimpiade di Rio, la qualificazione sarà il 14 agosto e la finale il 16.
I record mondiali del salto in alto sono fermi al 1993 per gli uomini (Sotomayor 2.45) e all'87 per le donne (Kostadinova 2.09); perché questa lunga attesa? Pensi ci si possa avvicinare di nuovo a quelle misure?
E’ vero, i record sono fermi da molti anni ma è anche vero che sono detenuti da atleti incredibili, non così facili da superare.
E tu, pensi di poter salire lassù?

Per quel che mi riguarda, cerco di dare sempre il massimo e i 2,40 non sono impossibili. Sono molto testardo in ciò che faccio e punto sempre più in alto senza accontentarmi mai!
Raccontaci del rapporto con tuo padre Marco: ex atleta fermato da un incidente, oggi tuo allenatore (e inventore della barba rasata a metà). Che ti ha detto quando hai superato i suoi record?
Mio padre è sempre stato il mio allenatore e questo può avere vantaggi ma anche svantaggi. E’ un ottimo tecnico ma sa essere anche un bravo "psicologo" e mi trasferisce tutta la sua esperienza. Anche quando discutevamo, molto spesso in passato, alla fine trovavamo sempre un punto di accordo. Ora, dopo tanti anni, abbiamo raggiunto un equilibrio nel rapporto e ognuno conosce molto bene l'altro quindi cerchiamo di evitare conflitti inutili. Lui ha sempre creduto in me e quando ho battuto il suo record, era felice quanto se non più di me... E’ come se fosse rimasto tutto in famiglia. Ovviamente il mio primo grande obiettivo quando ho iniziato a fare salto in alto era battere lui! Ma l’inventore della barba rasata a metà sono io, non lui.
Dei saltatori in alto non si sente spesso parlare: che vita fate?
Faccio una vita abbastanza normale, mi piace stare con i miei amici, divertirmi e vivere la mia vita da 23enne ai limiti del possibile. Poi faccio di tutto per dedicare il mio tempo libero anche a  Chiara, la mia fidanzata.  
Ora che sei sotto i riflettori le cose saranno cambiate: è un bene o un male?
Dopo Portland le cose sono cambiate, certamente ho più impegni ma ora le persone mi riconoscono per strada e  avverto il calore e il sostegno della mia città, Ancona. È una cosa che mi fa davvero piacere!
Sappiamo che hai lasciato il basket per dedicarti all'atletica: hai rimpianti?
Ho iniziato a giocare a basket quando avevo 4 anni e ho smesso quando ne avevo 17. Poi ho vinto i Campionati Studenteschi di salto in alto senza allenarmi e ho capito che dovevo dedicarmi a quello. Ma la mia è passione per il basket è sempre viva, appena posso vado a vedere i miei amici giocare.
Che cosa ti piace della pallacanestro, sei tifoso?
Sono un fan degli Houston Rockets, il mio idolo è Tracy Mc Grady, James Harden il mio giocatore preferito. Dopo l’oro di Portland, la squadra mi ha invitato a vedere la partita contro i Jazz: un’esperienza incredibile e ora ho la maglia autografata di James Harden in camera mia.