Daniele Pecci. Talento, fortuna e tenacia
L’attore italiano, classe 1970, mostra una grande sincerità. L’inizio professionale è stato duro: tanti rifiuti e tanti provini non superati ma la sua forza di volontà, alla fine, ha avuto la meglio.
di Valeria Barbarossa
Daniele quando hai capito che volevi fare l’attore?
Ero al liceo. La scuola organizzò un corso di teatro. Convinto che si sarebbe svolto nelle ore di lezione, mi sono iscritto. Invece era nel pomeriggio ma a quel punto lo frequentai per un anno. Iniziò a piacermi, intuii che la recitazione mi affascinava. Dopo entrai in altre scuole di teatro, lessi vari testi e presi il via.
In particolare, quale lettura ti ha colpito?
A 17 anni l’Amleto. All’inizio credevo di trovarmi di fronte ad un rebus. In realtà è molto popolare e intuitivo. Poi certo, crescendo l’ho letto in maniera più approfondita cogliendone le diverse sfumature e i dettagli.
Chi è stato il tuo maestro?
Avrei tanto voluto ma purtroppo non ne ho mai avuto uno. Diciamo che me li sono procurati a loro insaputa. Li ho visti lavorare, li ho osservati ed ho colto. La mia formazione professionale, quindi, è maturata soprattutto sul campo.
In particolare da chi sei stato attratto?
Da Giorgio Strehler per la sua maestria e semplicità nella comunicazione. Il teatro dovrebbe essere così: un veicolo per far arrivare ad un pubblico ampio testi che apparentemente sembrano di difficile comprensione.
Raccontami i tuoi esordi in teatro, alla TV e al cinema.
In teatro, quando ancora non ero professionista, fui preso dal teatro Dialettale Romano ma recitavo in parti molto piccole. Una grande emozione fu sicuramente al Teatro della Pergola a Firenze: uscii per ultimo davanti ad un pubblico di mille persone che applaudivano. In TV, qualche posa a parte, sicuramente ho avuto grande popolarità con il film Il Bello delle Donne. Al cinema, Fortapàsc di Marco Risi.
A proposito, hai avuto l’opportunità di lavorare, appunto, con Marco Risi ne L’Ultimo Padrino e Fortapàsc e con Ferzan Ozpetek nel 2010 nel film Mine Vaganti. Sono due registi che affrontano temi sociali, a livello d’inchiesta uno e a livello personale l’altro, molto forti. Che cosa li accomuna?
La precisione. Hanno una visione del film completa ancor prima di iniziare a girare. Poi certo, c’è qualche scena estemporanea, ma sono estremamente minuziosi nel portare gli attori ad essere proprio come se li immaginano. È come se limassero una matita in modo talmente scrupoloso affinché la punta sia perfetta. Mi sono trovato molto bene con entrambi.
I momenti più divertenti e quelli invece più difficili?
Di momenti divertenti ce ne sono stati tantissimi. Quando sei in tournée e trascorri molto tempo insieme, esce sempre una marea di aneddoti. I momenti più difficili invece sono stati soprattutto all’inizio. Ricordo che sono stato mandato via da più di un’agenzia perché non mi prendevano ai provini. Era decisamente scoraggiante. Per fortuna, poi, ci sono state altre occasioni.
C’è stato un ruolo che ti ha impegnato più di tutti?
Non parlerei di ruolo, piuttosto di teatro. A Siracusa, per lo spettacolo Edipo Re di Sofocle, recitavo all’aperto e sotto il sole: ti deve reggere la voce ma soprattutto il fisico! Per fortuna sono un mezzo atleta e quindi ho sopportato bene.
Che sport pratichi?
Gioco a calcio tre volte a settimana; mi alleno e faccio tornei. Poi sono cresciuto nei circoli, quindi sin da piccolo ho praticato soprattutto nuoto e tennis.
L’aspetto più bello e quello più brutto del tuo mestiere?
Il più bello è che hai la possibilità di far conoscere i grandi testi della letteratura a tante persone. Il più brutto è che è un lavoro precario.
Hai lavorato per una grande produzione cinematografica internazionale nel film The Tourist con Johnny Depp e Angelina Jolie. Che differenza c’è tra il nostro e il loro cinema?
Prima di tutto è in inglese, quindi ha una distribuzione internazionale; e poi certamente la grande differenza la fa il budget che è davvero molto alto. Sul set, poi, non c’è differenza: anche loro, che sono grandissimi attori, hanno paura, ansia, sbagliano… tolto il talento, indiscutibile e inarrivabile, poi sono come noi.
Qual è il tuo sogno?
L’ho realizzato! Porterò l’Amleto al Teatro Quirino per la prossima stagione!