VICTORIA’S SECRET IL PARADISO PUO’ ATTENDERE
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In una scena del film The Social Network, del 2010, Sean Parker, fondatore di Napster e in seguito primo presidente di Facebook, racconta una storia a Mark Zuckerberg sul rischio di non comprendere il potenziale della propria idea. E non trova esempio migliore, per spiegare la sua convinzione, della vicenda di Roy Raymond, fondatore di uno dei più famosi marchi di biancheria femminile al mondo: Victoria’s Secret.
Dalle 'super top' storiche degli anni '90 (Naomi Campbell, Eva Herzigova, Cindy Crawford, tanto per citarne alcune) agli 'Angeli' più recenti (Adriana Lima, Miranda Kerr, Alessandra Ambrosio, Behati Prinsloo, Candice Swanepoel), passando per Heidi Klum e Gisele Bündchen, non c'è bellezza planetaria che non abbia sensualmente ancheggiato - almeno per qualche stagione - sulla prestigiosa passerella del Victoria's Secret Fashion Show, in un tripudio di autoreggenti, corsetti, sete, pizzi, piume e lustrini. Ma partiamo dall’inizio.
L’ANEDDOTO
Un laureato a Stanford di nome Roy Raymond vuole comprare della lingerie per sua moglie, ma si vergogna troppo di prenderla in un centro commerciale allora gli viene l’idea di aprire un posto elegante che non lo faccia sentire un pervertito. Prende un prestito di 40 mila dollari, se ne fa prestare altri 40 mila dai suoceri, apre un negozio e lo chiama Victoria’s Secret. Guadagna 500 mila dollari il primo anno, lancia un catalogo, apre altri tre negozi e dopo cinque anni vende la società a Leslie Wexner e alla Limited per 4 milioni di dollari. Un lieto fine, giusto? Se non fosse che la società due anni dopo vale 500 milioni di dollari e Roy Raymond corre al Golden Gate e si butta giù. Il poveretto voleva solo comprare un reggicalze alla moglie, capite?
LA STORIA
Victoria’s Secret fu fondata nel 1977, in California, dall’imprenditore Roy Raymond quando aveva trent’anni. Qualche anno prima, Raymond era effettivamente entrato in un centro commerciale per acquistare della biancheria intima, ma si trovò di fronte a scaffali con accappatoi di spugna e camicie da notte di nylon a grandi stampe floreali. Rendendosi conto che altri amici maschi avevano avuto la stessa esperienza, decise di studiare il mercato della lingerie, ottenne un prestito e aprì il suo primo negozio.
Raymond creò un boudoir vittoriano – da qui il riferimento ai “segreti” della regina Vittoria – arredato con legno scuro, tappeti, tende di seta e paraventi che, evidentemente, faceva sentire a suo agio e rendeva attraente l’ambiente per lui e gli altri uomini. Nel suo primo anno Victoria’s Secret incassò mezzo milione di dollari, sufficienti per finanziare altri tre negozi. Fu creato un catalogo di vendita per corrispondenza e l’azienda arrivò a fatturare 6 milioni di dollari l’anno.
Per comprendere il successo di Raymond bisogna sapere che negli anni Cinquanta e Sessanta la biancheria intima era pensata per essere comoda e durare nel tempo. Per la maggior parte delle donne americane la lingerie più raffinata era riservata al corredo nuziale e alla luna di miele. Con i movimenti femministi della fine degli anni Sessanta e degli anni Settanta, poi, i reggiseni divennero uno dei simboli dell’oppressione maschile sulle donne: furono bruciati in piazza e il settore dell’abbigliamento intimo si adeguò, producendo biancheria intima funzionale, semplice e senza troppi fronzoli.
LA SVOLTA
Lasciamo per un momento da parte Roy Raymond e le femministe, per raccontare la storia di Leslie Wexner, attualmente, secondo la classifica di Forbes, uno degli uomini più ricchi d’America. Wexner fu l’imprenditore che, negli anni Sessanta, trasformò l’abbigliamento sportivo in un fenomeno di massa fondando il marchio Limited che ebbe un enorme successo tanto che nel 1977 i punti vendita in tutti gli Stati Uniti erano già 188. All’inizio degli anni Ottanta, Wexner cercò di espandersi acquisendo nuovi marchi. Durante una visita a uno dei suoi negozi a San Francisco, capitò da Victoria’s Secret: «Era un piccolo negozio ed era vittoriano nel senso di boudoir vittoriano, con divani in velluto rosso. Ma c’era lingerie molto sexy e non avevo mai visto niente di simile negli Stati Uniti», ha spiegato Wexner in un’intervista del 2010 a Newsweek.
Wexner intuì l’errore fondamentale di Raymond: si era concentrato su ciò che piaceva agli uomini e si era rivolto esclusivamente a loro. Raymond, nonostante l’iniziale successo, non era riuscito insomma ad avere un grande seguito tra le donne, che in un negozio Victoria’s Secret provavano lo stesso disagio e imbarazzo che Raymond aveva sentito in quel grande magazzino dove tutto ebbe inizio. Tuttavia Wexner si accorse del grande potenziale della società – che si trovava già in difficoltà economica – e nel 1982 acquistò negozi e catalogo per circa 1 milione di dollari (e non 4 come inizialmente si raccontò).
L’anno dopo, Wexner rinnovò profondamente il marchio. Studiò le boutique di lingerie europee dove la biancheria era venduta e proposta come un elemento essenziale nell’abbigliamento di tutti i giorni e applicò lo stesso principio sul mercato statunitense: se le donne americane avessero avuto a disposizione quello stesso tipo di biancheria, di lusso ma a prezzi accessibili, anche loro l’avrebbero voluta indossare tutti i giorni. Creò dunque nuovi modelli e colori e trasformò gli ambienti: eliminò il legno scuro e il velluto rosso, rese i negozi più raffinati e accoglienti. Il catalogo divenne più moderno e conquistò le prime pagine dei maggiori settimanali e mensili di moda. In breve: le donne iniziarono a entrare nei negozi Vicoria’s Secret e gli uomini continuarono a guardare con interesse il catalogo.
Nel 1995 Victoria’s Secret divenne una società che valeva quasi 2 miliardi dollari, con 670 negozi e nuovi prodotti: profumi e cosmetici. Nel tempo venne completamente abbandonata l’immagine che faceva riferimento al boudoir vittoriano e il marchio diventò, nel settore della biancheria intima, il più popolare del mondo con un vendite per quasi 5 miliardi di dollari. Nel frattempo, Roy Raymond rimase presidente di Victoria’s Secret per circa un anno dopo la vendita, decidendo poi di staccarsi completamente dalla vecchia società e di fondarne una nuova a San Francisco che vendeva abbigliamento per bambini. La nuova azienda andò in bancarotta due anni dopo. Nel 1993 Roy Raymond si suicidò lanciandosi dal Golden Gate Bridge.
Il successo di Victoria’s Secret non si è fermato: la società ha guadagnato notorietà negli anni Novanta quando ha iniziato a pubblicizzare i suoi prodotti con testimonial molto famose e spettacoli di moda, nel 2004 ha lanciato una nuova linea dedicata alle ragazze tra i 15 e i 22 anni e nel 2012 il fatturato è stato di 4,6 miliardi di dollari: attualmente rappresenta il 40 per cento di quello totale della Limited. Edward Razek, uno dei responsabili di Victoria’s Secret, ha raccontato a Forbes che ogni mese numerose celebrità femminili si candidano per essere testimonial, «ma è l’azienda che trasforma le sue modelle in celebrità e non viceversa», ha spiegato. In Victoria’s Secret la maggioranza dei dirigenti è composta da donne: sono loro che devono apprezzare i modelli, rappresentano il 98 per cento delle clienti, e sono loro che lo hanno reso un marchio di successo.
LA CRISI
Dopo un crollo del 40% in un solo anno, Victoria's Secret ha annunciato nel 2019 la chiusura di 53 negozi negli Stati Uniti. La società ha anche annunciato il rilancio della sua linea di costumi da bagno nel marzo 2019. Nel 2019, il vicepresidente esecutivo April Holt si è dimesso dopo sedici anni.
Il 20 febbraio 2020, il controllo della società è stato venduto a un fondo di private equity, Sycamore Partners, per 525 milioni di dollari (la società quindi è stata valutata 1,1 miliardi). Il proprietario di Victoria's Secret, L Brands, a cui fanno capo tutti i negozi. Nemmeno tre mesi più tardi, ai primi di maggio 2020, Sycamore Partner è riuscito ad annullare il suo investimento con l'assenso di L Brands per evitare battaglie legali: in aprile infatti Sycamore Partner aveva contestato a L Brands la decisione di avere chiuso, a causa della pandemia, tutti i negozi Victoria's Secret e Pink a livello globale.
LA RIPARTENZA
Di fronte a questa situazione catastrofica, l'azienda ha intrapreso una rivoluzione che l'avrebbe trasformata completamente in poche settimane.
In dettaglio
- Chiusura di più di 400 negozi
- Trattenere i dividendi e i compensi in denaro per il Consiglio di Amministrazione.
- Tagliare gli stipendi dei dirigenti del 20%.
- Estendere i termini di pagamento ai fornitori e rinegoziare i termini di pagamento del leasing.
- Leslie H. Wexner, si è dimesso da amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di L Brands, rimanendo nel consiglio come presidente emerito. Andrew M. Meslow, già amministratore delegato di Bath & Body Works, è stato nominato amministratore delegato di L Brands ed è entrato a far parte del consiglio di amministrazione. Ci sono stati anche cambiamenti nella posizione di direttore operativo e in alcune posizioni del consiglio.
- È stata implementata una politica di pay-for-performance in tutti i rami della catena ed è stato messo in atto un piano di riduzione dei costi di 400 milioni di dollari.
Il risultato è stato spettacolare sia nelle entrate che nei margini, specialmente negli ultimi due trimestri dell'anno dove il brand ha registrato un aumento delle vendite sul canale diretto del 31%,
IL CAMBIAMENTO
Significativi cambiamenti sono stati annunciati dai vertici dell’azienda. L’iconico show verrà ridisegnato «in modo culturalmente rilevante», ha commentato il Ceo Martin Waters. Non calcheranno più le scene i classici angeli, ma brand ambassador che rappresentino ogni tipo di corpo e ogni età.
I segni di questo cambio di rotta erano stati inequivocabilmente dati giò lo scorso anno. Primo fra tutti, appunto, la sostituzione delle celebri modelle (come Alessandra Ambrosio, Adriana Lima e Sara Sampaio) con delle brand ambassador che rappresentino tutti i tipi di corpo e di età. Tra queste, la stella del calcio Megan Rapinoe, l'attrice Priyanka Chopra Jonas, la sciatrice freestyle cinese e americana Eileen Gu, la modella curvy Paloma Elsesser, la modella ex rifugiata del Sudan Adut Akech, la fotografa Amanda de Cadenet e l'attivista e modella transgender Valentina Sampaio. Un cambiamento probabilmente necessario, considerando che dopo 20 anni del celebre show annuale, l’ultimo, datato al 2018, ha ottenuto il rating di ascolti più basso di sempre.