I sogni di Walter Bonatti
Giornalista, alpinista, narratore, fotografo, esploratore: in mostra all'Auditorium l'invidiabile biografia di un avventuriero del Novecento.
di Giuliano GiulianiniIn una teca della mostra "Walter Bonatti - Fotografie dai grandi spazi" allestita fino al 31 gennaio all'Auditorium c'è un numero di Epoca del marzo 1970; il sottotitolo recita: "A colori il fantastico viaggio che tutti abbiamo sognato". E' la sintesi perfetta della mostra, e della vita, di Walter Bonatti.
La vita
La sua biografia sembra scritta da uno sceneggiatore di fumetti con poca ispirazione: un misto tra Corto Maltese, Mister No, Zagor e Tarzan. Invece questo è uno di quei casi in cui la realtà supera, o addirittura ispira, la finzione. Bonatti, nato a Bergamo nel 1930 e scomparso quattro anni fa, è stato molte cose fin da giovane: escursionista da adolescente, scalatore a 18 anni, giornalista a 20 e alpino a 21. A 24 anni partecipa all'impresa italiana che conquista la vetta del K2 ma il suo contributo non viene pienamente riconosciuto: addirittura alcuni giornali lo accusano di scorrettezze; per lui la storia ufficiale della spedizione è falsa. I tribunali e il mondo dell'alpinismo gli daranno ragione decenni dopo. Nel frattempo diventa uno degli alpinisti più celebri del suo tempo: scala in solitario nel '55 il monte Dru, in Francia, lungo quello che da allora si chiama "Pilastro Bonatti". Nel 1961 sopravvive a una tragica spedizione sul Monte Bianco: per sette giorni sette alpinisti sono bloccati da una tempesta; sopravvivono in tre, e tra le vittime c'è anche Andrea Oggioni, suo grande amico. Nonostante nuove accuse di alcuni giornali italiani, Bonatti, dopo la testimonianza dei membri francesi della cordata, ottiene la Legion d'Onore per il coraggio mostrato, e per avere di fatto salvato se stesso e i compagni. Nel 1965 intraprende l'ultima spedizione da alpinista estremo: in solitaria e in inverno traccia la diretta da nord del Monte Cervino.
Inizia poi la seconda vita di Walter Bonatti, grazie a uno strumento che fino a quel momento era solo una necessità. Aveva iniziato a fotografare i versanti delle montagne che intendeva scalare per individuare gli approcci migliori, le vie da percorrere. Poi la macchina fotografica era diventato un mezzo per documentare le imprese, soprattutto dopo le polemiche del Monte Bianco e del K2. Dal 1965 invece diventa un professionista: Epoca lo finanzia come reporter di viaggio, mandandolo negli angoli più remoti del pianeta. Per circa 15 anni Bonatti visita e racconta oltre 100 mete: deserti, giungle, vulcani, fiumi, oceani, ghiacciai. Reportage che venivano pubblicati in inserti di successo del periodico. Tra il '66 e il '77 percorre e racconta: Africa selvaggia, Indonesia, Australia, Antartide, Patagonia, Caraibi, Nuova Zelanda, fino all'ultimo reportage in Perù. I critici cercano di inquadrarlo in una categoria, uno stile, una scuola, ma lui rifiuta ogni etichetta: "Io non sono un fotografo ma un uomo di avventura che si inventa le proprie esperienze, le vive, le annota con la penna e la macchina fotografica". Le sue foto infatti non sono "artistiche" nel senso moderno del termine, non è il suo stile che le rende splendide ma il contesto: sono i luoghi stessi a emergere con la potenza della loro bellezza naturale.
Dal 1979 Bonatti inizia a pubblicare libri che raccontano le sue avventure ("Ho vissuto con gli animali selvaggi", "Terre alte", "Magia del Monte Bianco", "L'ultima Amazzonia", "Processo al K2") e gira il mondo in conferenze dove racconta le sue esperienze. Di lui si dice che conquistava l'ammirazione degli uomini e il cuore delle donne. Anche questo aspetto ha del romanzesco: nel 1981 l'attrice Rossana Podestà, conoscendolo solo di fama, lo indica in un'intervista come suo compagno ideale di avventure. Lui le scrive e si incontrano a Roma, diventano una coppia per la vita, vivono insieme tra Milano, Roma, e Dubino vicino Sondrio, e viaggiano insieme per anni.
La mostra
Questa vita tanto interessante è riassunta nella mostra. Alle pareti decine di foto, video interviste e alcuni filmati d'archivio delle maggiori imprese alpinistiche; nelle teche oggetti (macchina da scrivere, fotografica, scarponi e casco da alpinismo) e articoli su carta stampata. Alcune foto colpiscono immancabilmente la fantasia. Quella con Bonatti seduto ai margini di un fiordo della Patagonia: guarda i ghiacci costieri che sfregano e si fratturano tra le rocce e il mare; una foto fragorosa. Come descrivere il suo "telo da bivacco" (come chiama quella che dovrebbe essere una tenda)? Due cavi tesi fra le rocce e un telo a coprire il giaciglio dove passerà la notte; a pochi metri, scuro e fumante, il fondo del vulcano Nyiragongo (Zaire). O ancora la foto con il nostro, disteso nella pampa argentina: tre cavalli brucano sullo sfondo; lui seduto a terra, col fuoco che arde sotto un quarto di montone; un coltellaccio piantato a terra e una bottiglia di liquore completano il quadro. Quanti spot pubblicitari avrebbero poi messo in scena momenti come questi, che per Bonatti era la normalità? La foto scattata all'interno del vulcano Krakatoa la pubblichiamo in queste pagine: molti vulcanologi sono morti per molto meno.
In tutte le foto la costante è la sua figura, spesso in cammino, qualche volta a riposo, quasi sempre con lo sguardo rivolto alla natura che sta esplorando. Il suo è un ritrarsi nel luogo e nel momento; il soggetto è l'ambiente, non se stesso; ma il risultato, in questo contesto espositivo, è opposto: questa mostra parla di lui, della sua filosofia che si riassume nella teorizzazione della "Esplorazione introspettiva": esaurite le conquiste sportive, la vetta più alta, la terra più remota, la giungla più fitta, che cosa resta all'uomo moderno? "Affrontare un ambiente naturale già noto eliminando quei ritrovati tecnici che la sua coscienza e conoscenza dell'elemento in cui si muove rendono non necessari. Ritroverà quell'istinto che già possedeva alle origini e che il progresso ha via via atrofizzato. [...] Nello stesso tempo [...] questa nostra vecchia Terra apparirà, come per incanto, inesauribilmente inesplorata."
Ancor prima di entrare nella sala della mostra ci sono due foto che ritraggono l'esploratore in situazioni simili ma lontanissime: mentre percorre l'altipiano pietroso tra Mawenzi e Kibo, due cime del Kilimangiaro, e mentre risale la dorsale di una duna sabbiosa nel deserto del Namib (che qui pubblichiamo). Solo, senza fretta, senza eccessive attrezzature e perso nei suoi pensieri: così appare l'esploratore, fotografo, escursionista, alpinista, avventuriero Walter Bonatti, e così, in viaggio, vogliamo ricordarlo e immaginarlo dopo averlo conosciuto grazie a questa mostra.
"Se ti è nato il gusto di scoprire non potrai che sentire il bisogno di andare più in là."
"Non sono un fotografo ma un uomo di avventura che si inventa le proprie esperienze, le vive, le annota con la penna e la macchina fotografica."
Walter Bonatti - Fotografie dai grandi spazi
a cura di Alessandra Mauro e Angelo Ponta
Auditorium Parco della Musica
In corso fino al 31 gennaio 2016
Biglietti:
intero 10 euro; ridotto (over 65, under 26) 7 euro;
ingresso gratuito per disabili e accompagnatori.
Orari:
da domenica a giovedì 12.30-20.30;
venerdì e sabato: 12.30-22; 24 e 31 dicembre 12.30-16.30.
Per informazioni: tel. 06.80241281 - www.auditorium.com