Motori

MotoGP, semaforo verde!

Parte dal deserto il mondiale 2017. Favorito Marquez. Lorenzo pare attardato con la nuova Ducati. Rossi cerca la decima, ma dalle brume invernali è spuntato un nuovo pretendente, il suo compagno di squadra Maverick Viñales.

di Giuliano Giulianini

Doha, Qatar, 23 marzo. Con le prove libere del giovedì sul circuito di Losail partirà ufficialmente la stagione 2017 della MotoGP. Dopo l'anarchia del mondiale 2016, che ha visto 9 diversi piloti vincere almeno uno dei 18 gran premi, quest'anno si annuncia il primo di una nuova era. Se è vero che il campione del mondo 2016 è stato comunque Marc Marquez, che da quando è salito sulla sella di una motogp ha vinto 3 mondiali su 4, non va dimenticato che, fino al gran premio d'Olanda dello scorso hanno, solo quattro piloti erano riusciti a vincere gare del mondiale nei precedenti cinque anni: Lorenzo, Pedrosa, Rossi e lo stesso Marquez. Nel 2016, complici cadute, rotture, pioggia e gomme non perfettamente a punto, sul gradino più alto del podio sono saliti anche: Iannone e Dovizioso, interrompendo un digiuno di vittorie Ducati che durava dal 2010; la rivelazione Viñales su Suzuki, casa che non vinceva invece dal 2007; l'australiano Miller, il primo a interrompere il dominio dei quattro moschettieri il 26 giugno ad Assen; e l'inglese Crutchlow, che ha compiuto l'impresa addirittura due volte, in Repubblica Ceca e Australia.
Non sono però il meteo e il fato ad aver cambiato quest'anno le carte in tavola, bensì due giocatori: Jorge Lorenzo e Maverick Viñales. Il primo ha lasciato la Yamaha dopo 9 anni, 43 gare e 3 mondiali vinti. Con una mossa a sorpresa è passato in Ducati: un cambiamento radicale, ben simboleggiato dal colore di fondo: come ha detto Lorenzo stesso, passare da un team giapponese e blu (moto, tute, box, le magliette dei tecnici) a uno romagnolo e rosso è qualcosa di più di un cambio d'abito. La Ducati è squadra piccola, familiare in confronto ai colossi Honda e Yamaha. Qualcuno temeva freddezza degli italiani nei confronti del maiorchino, che non brilla per simpatia e da qualche anno rivaleggia non senza polemiche con il re della Romagna a due ruote: Valentino Rossi. Invece, appena messo piede nella fabbrica-tempio di Borgo Panigale, Lorenzo è stato accolto come un nipote a Natale a casa dei nonni. Non ha però un compito facile: si ritrova tra le gambe la moto più veloce ma meno agile tra quelle che possono vincere. L'altro jolly è Maverick Viñales. Finché ha cavalcato una Suzuki, ottima moto ma non un crack, era visto come un giovane di belle speranze, il primo dei secondi: bravo ma da verificare alla prova del nove. Appena passato in Yamaha, la prima pretendente al titolo Honda e, secondo gli esperti, la moto migliore da un paio d'anni, non ha lasciato dubbi: dominio assoluto delle prove libere invernali. Una sequela di migliori tempi e giri veloci, occasionalmente avvicinato dagli altri. Potrebbe insomma essere spuntato un altro Marquez: giovane, spagnolo, veloce, famelico. Non una buona notizia per Valentino Rossi che se lo ritrova compagno di squadra: il primo rivale da sconfiggere per chi di mestiere fa il pilota di moto da corsa.
Per cercare di aumentare lo spettacolo e livellare i valori la MotoGP funziona così: gomme, centraline elettroniche e sessioni di prova sono uguali per tutti; le gomme disponibili per ogni gara sono contate; i motori sono in numero contingentato e sigillati a inizio stagione per impedire modifiche a ogni gran premio. Il tutto per abbassare i costi di gestione e sfavorire le scuderie ufficiali (essenzialmente le giapponesi Yamaha e Honda) che possono investire budget faraonici. La cosa ha funzionato lo scorso anno: non solo sono tornate alla vittoria squadre ufficiali come Ducati e Suzuki, ma persino i privati di Estrella Galicia e il team di Lucio Cecchinello (entrambi con moto Honda). Le gomme per le motogp sono come le scarpe per i velocisti: se sono perfette la moto scarica a terra tutta la potenza, altrimenti stenta: scoda, saltella, gira larga in curva... insomma perde tempo. Dall'anno scorso c'è la monomarca Michelin, e non sono mancati i problemi. Complice il contingentamento delle prove, le prime gare dell'anno sono servite da test, con problemi vari alle soglie del ridicolo. In alcuni casi si sono viste gomme andare letteralmente a pezzi, e per prevenire drammi in alcuni gran premi si è imposto il cambio gomme a metà gara, come per le auto. Se a questo si aggiungono le gare bagnate dalla pioggia o condizionate dal freddo (che incide quasi come l'acqua sulle prestazioni delle gomme) si può dire che la maggior parte delle sorprese al traguardo siano state dovute alle "calzature". I motori sono ovviamente il cuore di tutto, ma essendo "congelati" a inizio mondiale, se qualcuno sbaglia qualcosa si porta il difetto almeno fino a metà stagione, quando agli ingegneri dei team è concesso uno step di sviluppo. È successo l'anno scorso alla Honda ufficiale, il cui primo motore non era all'altezza delle rivali Yamaha e Ducati; handicap comunque compensato dalle piogge, dai difetti delle gomme, dalla sorte e dall'enorme bravura di Marc Marquez, che ha tenuto la moto a galla per poi dilagare nella seconda parte della stagione quando anche il motore è migliorato.
Dalla fine del mondiale 2016, in autunno, le moto sono cambiate in tutto ciò che compete ai team: carene, motori, telai sono diversi e i piloti hanno avuto a disposizione solo una decina di giorni di prove programmate per familiarizzare con essi. Questo favorisce chi non ha cambiato squadra; altri, come Lorenzo e Viñales hanno dovuto reimparare a guidare. Le prove invernali nei circuiti di Sepang (Malesia), Valencia e Phillip Island (Australia) hanno stabilito che Maverick Viñales è nato per guidare la Yamaha M1 e che Lorenzo dovrà al contrario lavorare sodo per domare il cavallo rosso che gli hanno dato. La Ducati, è noto, ha il motore più portentoso del lotto, ma quando nei circuiti le curve sono più lunghe dei rettilinei, il suo telaio relativamente rigido paga dazio. Per ora va meglio al compagno di squadra Andrea Dovizioso, che conosce la moto da anni ed è parso entusiasta dopo le prime prove. Honda sembra cominciare come l'anno scorso: sulla carta ne ha (poco) meno della Yamaha ma le sentenze le da soltanto la pista, con la sua combinazione di strategia, pistoni e cabala.
Nell'ultimo test pre mondiale in Australia Viñales ha dato tre decimi al campione del mondo (che in motogp è molto) e soprattutto quasi un secondo a Valentino Rossi che ha la stessa moto. Per la verità in Malesia a fine gennaio e a Valencia a novembre, pur primeggiando sempre lo spagnolo, gli altri erano molto vicini: Marquez e le Honda, la Ducati di Dovizioso, e Rossi (a Sepang). Ma il fatto che Viñales abbia messo in riga tutti in tre occasioni, su piste diverse, con apparente facilità, su una moto per lui nuova, al suo terzo anno in motogp, fa pensare che il trono mondiale possa aver trovato un nuovo, serio pretendente.