Frank Chamizo Marquez: da Cuba a Roma passando per Las Vegas
Stefano Mappa
Da pochi mesi in Italia, l’italo cubano Frank Chamizo Marquez il 13 settembre 2015 a Las Vegas veste i gradi di campione del mondo di lotta libera tra i -65 kg qualificandosi per i Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016 ed il giorno dopo, a Roma, quelli di Caporale del Centro Sportivo Esercito.
Una passione quella per la lotta iniziata a 7 anni che lo porterà a trasferirsi in Italia a 23 anni, dove con i colori azzurri, in giugno si aggiudica l’argento ai Giochi Europei di Baku ed a settembre l’oro mondiale.
Approfondiamo la sua conoscenza in questa intervista rilasciata al Centro Federale di Ostia.
Come nasce la passione per la lotta?
Questa passione risale all’età di 7 anni e non è nata per caso.
Una mattina mi allontanai di casa e lungo il mio cammino trovai una palestra. Non potetti entrare perché non avevo un documento riconoscimento e non ero accompagnato da un genitore.
Quando tornai a casa chiesi a mia madre se poteva accompagnarmi per iscrivermi, ma lei rifiutò dicendomi che la palestra era troppo lontano dalla nostra abitazione.
Il giorno, appena mia madre tornò da lavoro dalla sua borsa le rubai dal portafoglio il mio documento e di corsa tornai in quella palestra per provare a iscrivermi.
In palestra mi riconobbero solo grazie al cognome che portavo, perché in passato mio padre era stato un lottatore molto conosciuto. Mi iscrissero senza problemi.
Una volta iniziato, gli istruttori notarono subito le mie qualità tanto che mi aiutarono a trasferirmi da quella palestra ad una “università” della lotta.
Lì inizio la mia carriera da atleta.
Quando vivevi a Cuba, come impegnavi la tua giornata tra scuola e allenamenti?
Quando ancora non ero in Nazionale andavo a scuola dalle 9 alle 17.30 ed all’uscita mi andavo ad allenare.
Una volta inserito nel gruppo della Nazionale iniziai a frequentare la scuola per solo tre volte alla settimana allenandomi in serata; nei restanti giorni invece, gli allenamenti si raddoppiavano: uno la mattina e uno il pomeriggio.
Pensi che siano grandi le differenze tra la scuola cubana e quella italiana di lotta?
Ho notato che in Italia, rispetto a Cuba, manca una vera e propria “scuola” della lotta, ma manca soprattutto la passione per questo sport.
Qui esistono molte squadre e club dove tu paghi annualmente e ci sono gli allenatori che ti seguono; a Cuba invece, gli atleti vengono seguiti ed allenati già da piccoli fino ad età adulta ma con uno spirito diverso.
Il 13 settembre di quest’anno, a Las Vegas, ti sei laureato campione del mondo dei 65 kg.
Come hai vissuto questa esperienza con i colori della nazionale italiana?
E’ stata una cosa veramente inspiegabile, un sogno.
In televisione fanno vedere chi, come Federica Pellegrini, vince sempre e io non mi sono reso conto di essere diventato come lei.
Per me vincere un mondiale è stato come vincere l’universo, il mondo intero.
La settimana seguente alla vittoria, ancora non avevo realizzato quello che avevo fatto, tanto che camminando per la strada mi sembrava tanto di essere diventato uno “zombie”: in pratica, non avevo metabolizzato il fatto di essermi laureato campione del mondo.
Il fatto di aver conseguito il mio sogno con i colori azzurri della Nazionale Italiana è stato veramente il massimo per me.
Io sono una persona che se si mette in testa di raggiungere un obiettivo lo raggiungo sempre e come ho detto in tante interviste, non provo nessun tipo di rancore nei confronti di Cuba.
Non ne ebbi neanche quando fui allontanato per due anni dalla nazionale perché ad un ritiro mi presentai con mezzo chilo sopra il peso forma!
Se fossi stato con loro sarei stato ugualmente contento.
Vivendo qui in Italia, continuerò a stare qui e a vestire i colori della Nazionale sempre al meglio delle mie capacità, portando i colori della bandiera italiana sempre in alto.
Al rientro dai mondiali hai vestito i gradi di Caporale del Centro Sportivo Esercito.
Come vivi questa scelta professionale?
Il Centro Sportivo Esercito già prima dei Mondiali, quando ancora non ero nessuno, mi aveva contattato perché credeva fortemente in me.
Subito dopo la medaglia in tanti si sono fatti avanti a chiedermi di entrare nei loro gruppi sportivi, anche quando misi i gradi di Caporale!
Ormai avevo dato la parola a loro e non volevo deluderli; per me è stata una grande opportunità che chiaramente ho preso al volo.
Dal titolo mondiali di settembre, ai Giochi Olimpici di Rio del prossimo anno.
Come ti stai preparando per quell’appuntamento e cosa ti aspetti?
La preparazione olimpica, inizierà a Gennaio del 2016.
Il fatto che io sia primo nel ranking mondiale non significa che non dovrò più allenarmi anzi proprio il contrario.
Ci sono ancora tanti atleti forti che al momento non si sono qualificati; sono pienamente consapevole che si prepareranno molto per essere presenti a Rio de Janeiro per darmi filo da torcere.
Io però sono molto convinto nei miei mezzi, quindi mi allenerò di più rispetto a quanto fatto sino ad oggi.
Senti di ringraziare qualcuno per quanto sino ad ora hai fatto nello sport?
In primis devo ringraziare la mia squadra di Genova, il Mandraccio, in particolare i dirigenti e gli allenatori che dal momento in cui sono arrivato in Italia mi hanno aiutato tantissimo.
Ringrazio anche la Federazione Italiana, che mi ha trattato benissimo da subito e che ha fatto di tutto perchè gareggiassi da italiano.
Ringrazio infine, il Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito perchè, ora come prima, mi aiuta e mi supporta affinchè possa stare sempre al top della condizione.