Un Anno di Sport vissuto con Passione

Nel grande libro della storia dello sport ogni anno si scrivono pagine di imprese, di record, di emozioni e anche di delusioni.

di Eugenio De Paoli

...insomma storie di uomini e donne, di eroi e leggende, di miti e campioni, di re e regine. Di imperatori.

 E il 2017 sarà ricordato anche per la storia dell’ultimo imperatore di Roma, Francesco Totti. E’il 26 maggio quando “il capitano” scende per l’ultima volta sul terreno dello stadio Olimpico per dare l’addio al calcio davanti al suo pubblico.
L’imperatore suo malgrado è costretto ad abdicare e a lungo si discuterà ancora sul suo ultimo anno alla Roma e sulla gestione della fine della sua carriera sportiva.
L’imperatore si cala nel ruolo del gladiatore e alla fine quasi si inginocchia  davanti alla sua curva, la curva Sud, in un gesto di gratitudine e rispetto verso chi lo ha seguito per decenni con immutato affetto e ammirazione.
E’ un immagine che farà in poco tempo il giro del mondo.
Ma per un re costretto ad abdicare, anche per il peso degli anni, c’è una Regina che, a dispetto anche degli anni, si riprende il suo scettro lasciato ai piedi del podio un anno prima alle olimpiadi di Rio 2016.
Federica Pellegrini, la Divina, sceglie, come si addice al suo rango, il massimo proscenio possibile dopo i Giochi, e nella piscina del mondiale di Budapest, si riprende i “suoi” 200 stile libero.
Lo fa come solo una Regina sa fare: una volata imperiosa negli ultimi 25 metri, quando ormai sembrava ancora una volta battuta.
Così piega la sua naturale erede al trono, l’americana Katie Ledecky, che, alla fine altro non potrà fare che inchinarsi davanti a lei.
Poi l’annuncio dell’abbandono della specialità. Federica lascia ma senza abdicare. Sono passati 13 anni da quando, appena sedicenne, vinse l’argento alle Olimpiadi di Atene. I 200 stile saranno per sempre la sua specialità.
Tra le storie dei “grandi vecchi” dello sport, tra i racconti di sconfitte e rivincite, tra quelle pagine che tanto amano gli sportivi veri, si legge anche di Valentino Rossi.
Qui la dimensione del campione emerge anche quando non vince ma lotta fino alla fine, nonostante i suoi 38 anni. Le sue imprese lasceranno il segno nella storia del motomondiale anche per il 2017. Un anno dopo la sua ultima vittoria in un GP, Valentino torna al successo sul circuito di Assen. Sono passati 21 anni dalla prima volta. E con i suoi 38 anni diventa allo stesso tempo il più anziano vincitore nella storia della moto GP, scavalcando Troy Bayliss. Ma la vera impresa arriva più avanti.
Un incidente in allenamento gli cancella la possibilità di partecipare al GP di San Marino, uno di quelli che più ama.
Le radiografie non danno scampo: rottura di femore e perone. Il mondiale è perso i tempi di recupero sarebbero lunghi per chiunque ma non per lui. Lasciando il mondo a bocca aperta si ripresenta in pista solo 24 giorni dopo sulla pista di Aragona, chiudendo quinto dopo una gara tirata fino alla fine. Nessuno riesce a togliergli il proscenio.
  Sempre rimanendo nei motori c’è invece chi sul proscenio sembra proprio non ci voglia tornare. Per la Ferrari sembra l’anno giusto, la partenza è buona e Vettelsembra il pilota giusto sulla macchina giusta. Ma a Singapore si interrompono i sogni. I due piloti della Rossa sotto un acquazzone che regala poca visibilità lasciano sul pantano della partenza gli auspici della vigilia. Sembra un paradosso ma succede quando Vettel è in pole e Raikkonen da dietro azzecca la migliore partenza della stagione. Sebastian chiude la strada a Verstappen e Kimi pensa bene di infilarli tutti e due provando una carambola che toglie tutti e tre di mezzo.
Si potrà discutere ancora tanto sull’opportunità o meno di far partire la corsa dalla pole e non con la safety car. Ma questo certo non cambierà la storia e il giudizio su una gestione almeno approssimativa della squadra. Sentori di nervosismo si erano già visti in Azerbaigian quando, dietro la safety car Vettel prima sperona Hamilton e poi, non contento gli da una sportellata. Dieci secondi si stop and go e gara anche qui compromessa. L’impero Mercedes continua e l’imperatore Hamilton, mai così impegnato negli ultimi anni, saluta e ringrazia. Sarà per il prossimo anno. Speriamo.
Il saluto al 2017 lo lasciamo col sorriso e la grinta di Bebe Vio. Ai mondiali paralimpici Bebe non ne ha per nessuno in pedana e si prende l’oro nel fioretto. Un’ altra medaglia d’oro dopo quella di Rio. Ecco un’altra regina dello sport che non vuole proprio saperne di abdicare e, c’è da giurarci , il regno rimarrà suo ancora a lungo. E’ lei l’emblema di un mondo che, a dispetto delle avversità della vita, sa essere sempre sorridente, un mondo dal quale tanto c’è da imparare e che tanto può insegnare. Bebe Vio lo sa, gira il mondo per urlare a tutti i valori e la forza di campioni senza paura. Non è un caso che è stata ricevuta anche alla Casa Bianca dall’ex presidente Obama. Il presidente più potente del mondo davanti alla grandezza di una regina portavoce di un mondo senza barriere. Il ruolo dello sport nel mondo è anche questo è anche la caduta di barriere anche politiche che sembrano invalicabili.
Così nel 2018 potremmo veder cadere, grazie alle olimpiadi invernali, il muro tra Corea del nord e Corea del sud. Il tavolo è aperto. Questo potrebbe fare del primo e più grande appuntamento sportivo del 2018 un evento storico. E non è cosa da poco. Ci saranno anche i mondiali di calcio in Russia. Mondiali senza la nazionale azzurra. Un trauma che gli anni non riusciranno a cancellare.
Un dramma sportivo che si poteva evitare se solo si fosse messa mano prima su una gestione dissennata del mondo del calcio. La corsa e la rincorsa di interessi politici personali ha fatto passare in secondo piano un dramma annunciato. Non bisognava arrivare allo spareggio con la Svezia per capire che così non poteva andare. Troppi errori, troppa approssimazione, troppa supponenza fino a sfiorare l’arroganza mandando allo sbaraglio gli azzurri in Spagna contro una delle nazionali più forti del mondo.
E poi la vittoria di misura su Israele, il pareggio con la Macedonia, ancora un 1 a 0 stirato con l’Albania. Cos’altro ci voleva per svegliare i vertici federali?
Alla fine ha pagato per ora il solo Ventura. IL Presidente della FIGC Tavecchio si è formalmente dimesso ma ancora non molla e nel palazzo è in corso una guerra di posizioni per le poltrone di potere.
Ci voleva il Commissario come aveva detto il Presidente del CONI Malagò. Voce autorevole di un mondo evidentemente parallelo e mai integrato. Dopo l’eliminazione con la Svezia Buffon si era presentato in lacrime davanti alla tv pensando ai bambini che dovranno aspettare altri quattro anni prima di rivedere, forse, la nazionale di calcio ad un mondiale. Ma nessuno ha pensato che, per quanto sia, i bambini di tempo ne hanno davanti. Il tempo non ha le stesse dimensioni per tutti, e quattro anni per altri potrebbero essere un’eternità. La maglia azzurra solo un ricordo.