Delitti d'autore

Formula 1: vero o falso?

A cura di Claudio Bergonzi
Segretario Generale INDICAM

“Cheap for you, cheap for you!”. E’ il rumore di fondo che accoglie il tifoso all’uscita della fermata della metropolitana del circuito di Shanghai.
Il basso prezzo che ragazze e ragazzi menzionano si riferisce a quel che portano indosso. Cappellini, t-shirts, sciarpe. La Formula 1, il “Circus”, è un settore esente dalla onnipresente contraffazione? Nello scorso numero della rivista abbiamo affrontato il tema generale del mercato del falso, che vede nello sport un perfetto obiettivo. Il target, principalmente giovani, è ideale, la possibilità di diffondere prodotti di appeal anche tramite internet molto facile, il traino delle grandi marche, dei personaggi iconici o della maxi campagne pubblicitarie perfetto per attrarre l’attenzione.
Ma l’evento sportivo tra i più seguiti, ossia la Formula 1, come si pone in tutto ciò? Parliamo di falso e motori in questo numero.

Ovviamente iniziamo a chiarire: almeno per ora non ci sono falsi team di Formula 1, e nemmeno false gomme o falsi motori. Certo false auto, ma per fortuna non in F1, esistono, come per esempio dimostra la Ferrari sequestrata in questi giorni al confine con la Svizzera che, invece, sotto sotto è una …Toyota.
Ma il “cheap for you” di Shanghai si riferisce, invece, al cosiddetto merchandising, ossia quel grande mercato di svariate centinaia di milioni di Euro, con cui i marchi più prestigiosi della Formula 1 diffondono il proprio brand e, nel contempo, colorano le tribune dei GP.
Il fenomeno del merchandising sportivo è uno dei più grandi settori in espansione nell’ambito di questo mercato.
Il calcio è stato, certamente, il caso con i margini di crescita maggiori. I grandi team Europei inglesi e poi i due spagnoli di punta, ossia Real Madrid e Barcellona, sono stati in grado in pochi anni di far viaggiare di pari passo la loro crescita sportiva con quella dei fatturati. Superare il mezzo miliardo di Euro per un club di calcio è ormai l’obiettivo per potersi “iscrivere” di diritto nel Club delle squadre che contano, che possono affrontare investimenti, che possono acquistare giocatori di rilievo. E più vinci, più guadagni, più guadagni più vinci. Per fortuna ogni tanto arriva sulla scena un Leicester che ricorda che nello sport l’equazione non è sempre perfetta nel rapporto tra denaro investito e generato e numero di coppe alzate.
La Formula 1, però, è un po’ diversa. E’ un settore nel quale gli investimenti dei team, almeno quelli che possono ambire alla vittoria, sono definibili come colossali. Le cifre sono gelosamente custodite, ma si sa da fonti ben informate che Ferrari, Red Bull, Mercedes e McLaren viaggiano, oltre che oltre i 300 KM/h, anche oltre i 400 milioni di Euro all’anno.
I profitti dove stanno, allora? Anche in questo caso sulla diffusione e la crescita del brand, così come sulla ricaduta commerciale e tecnologica, nel caso il team gestisca anche produzione di veicoli per il pubblico. I casi di Ferrari, il marchio italiano più celebre, Red Bull, Mercedes e McLaren sono emblematici. L’azienda del Cavallino è iconica, e le ricadute sulla produzione di serie delle supercar rosse sono notevoli. Red Bull, da marchio di bevande, è diventato sinonimo di sport estremi e di forza. Mercedes ha rimodellato la sua immagine, diventando in breve, grazie ai successi a ripetizione del duo Hamilton-Rosberg, un produttore riconosciuto più che valido anche nel settore delle auto sportive ad alte prestazioni. McLaren ha ritrovato anche la forza e l’immagine, soprattutto, per tornare a produrre supercar che oggi registrano lunghe liste di attesa.
Insomma: la Formula 1 rende e attrae, a dispetto dei litigi che avvengono tra team, tra team e società di gestione, tra piloti.
I tifosi sono, però, unanimi. La passione per i motori accende ancora gli animi e attrae folle sempre più ampie sui circuiti nel Mondo.
Il Circus negli anni si è spostato dai luoghi tradizionali, anzi alle volte abbandonandoli, per andare verso mercati che per sponsor, team e case automobilistiche fossero più interessanti.
Al tifoso tradizionalista, pertanto, potrà far storcere il naso vedere bolidi che corrono la notte oppure che a 300 Km/h affrontano rettilinei circondati di sabbia, ma questo è il business, baby! E dove c’è business, c’è un altro mondo che si muove. Basta osservare una tribuna di un GP di F1 per capire a chi ci riferiamo. E’ raro scorgere qualcuno che non indossi almeno una t-shirt, un cappellino, un paio di occhiali del team che lo appassiona. Spesso portando addosso tutti e tre, se non di più, gli articoli.
Il merchandising, come si diceva, è in fortissima espansione e permette non solo di generare profitti, ma anche di far crescere la diffusione del marchio.
Il rovescio della medaglia è che il brand a volte circola anche troppo, in maniera non sempre lecita.
“Cheap for you”, gridano a Shanghai o in Malesia. Cappellini, t-shirts, venduti per pochi dollari. Permettono al tifoso di mimetizzarsi tra altre migliaia di suoi simili su una tribuna, mostrando per chi parteggia. Permette al venditore di sfruttare al massimo il weekend di gara, racimolando centinaia se non migliaia di dollari che spesso vanno ad alimentare vari rivoli tra fornitori, sub-fornitori, intermediari del falso.
“C’è una vera e propria organizzazione che ci porta a rivedere sempre le stesse facce in giro per molti Gran Premi – ci racconta Monica Imovilli titolare di Imovilli Consulting – una carovana che segue quella dei brillanti e biellismi truck dei team, fatto di furgoni e camion, un po’ meno splendenti, che trasportano i gadget falsi in giro per mezzo mondo”.
I team come fronteggiano questi fenomeni? In alcuni casi proprio affidandosi a persone come Monica. Che di professione fa l’investigatrice. Oggi lavora, nell’ambito della Formula 1, per un Top team e per loro conto effettua il controllo su quasi tutti i circuiti di Formula 1 di quale sia “l’offerta” di prodotti di merchandising del marchio e di come, in generale, anche in città ci possano essere fenomeni che violano il marchio. Sempre, o spesso, attraverso la vendita o la presenza di allestimenti preparati con articoli falsi.
Si potrà pensare che, se è all’origine dell’80% dei prodotti falsi nel Mondo, in Cina il Gp sia terra di conquista per chi vende, e chi compra, gadget falsi. Non è completamente vero. A Shanghai molto fanno sia gli organizzatori, sia la Polizia, sia chi, come Monica Imovilli, collabora con loro andando sul terreno.
“Spesso – racconta Monica – mi trovo su un circuito, mi avvicino a qualcuno dei venditori più interessanti, spesso non solo ambulanti ma con bancarelle fisse, e contratto per una t-shirt o un cappellino. Alla fine, quando è chiaro che mi potrebbe vendere tutto il corredo del perfetto tifoso, allora interviene la polizia”
Si tratta, spesso, di tutelare i tifosi, dal momento che il “cheap for you” vale tanto per venditori che aprono lo zaino per strada, come per bancarelle che potrebbe sembrare ufficiali o quasi. E allora diventa difficile per un tifoso distinguere il vero dal falso.
Se la Cina non è però il GP peggiore, allora chi si comporta peggio?
Che ne pensate di una replica intera di una vettura di Formula 1, disponibile per fotografie a pochi dollari?
Succede in Brasile. “La zona è malfamata, il bar anche peggio – ci descrive la situazione Monica – e al primo piano vediamo che sulla terrazza è esposta una Formula 1. La gente fa la fila per pagare pochi dollari, salire e farsi fotografare. Anche questo è il GP di Interlagos. Ci chiediamo come abbiano fatto a portarla fin lassù e chi si sia dedicata alla sua costruzione. Certo è che in questo caso la fantasia ben nota dei brasiliani ha battuto tutti. Portarla al piano terra dopo il sequestro non è stato facile!”.
La notorietà di un GP di Formula 1 è tale che capita, nel weekend, che aziende totalmente lecite e rispettabili negli altri 362 giorni dell’anno, in quei tre diventino distributori di merchandising falso. Così, tanto per arrotondare e per sfruttare l’effetto traino dell’evento. Capita sempre in Brasile, laddove si trovano anche presenze ad esempio di veicoli replica, come la Ferrari su base Toyota di cui si diceva precedentemente.
L’afflusso di migliaia di tifosi, che quando prove e gara finiscono si riversano nelle città, fa in modo che anche i centri commerciali in alcuni Paesi si dedichino alla vendita di prodotti falsi. Succede, ad esempio, in alcuni mall limitrofi al circuito come in Malesia ad esempio.
Che tipologia di prodotti va per la maggiore? “Abbiamo ovviamente cappellini e t-shirts in prima linea – ci spiega Monica Imovilli – ma abbiamo avuto a volte delle vere e proprie sorprese. Ad esempio per gli amanti del total look la disponibilità oltre a questi articoli di tutto il corredo, fino alle scarpe e a i jeans, a disposizione del tifoso. Lo abbiamo visto in Russia. Ed ancora più curioso quel che abbiamo trovato a Dubai per il marchio del Top team per cui lavoriamo: la versione marchiata delle tipiche ciabatte in uso agli uomini, evidentemente per stare comodi ma godersi il proprio team preferito!”. E l’Europa come si comporta? Il fenomeno esiste anche nel Vecchio Continente, anche se in misura minore e con circuiti che sono ormai esenti dal fenomeno.
“C’è una carovana di alcuni soggetti che ritroviamo sui circuiti Europei – spiega Monica – sempre gli stessi volti con cui ci si ritrova. A seconda dei Paesi i controlli sono più o meno efficaci, ma diciamo che in Europa è più difficile la vita per chi vende falsi gadget sui circuiti. A volte allora quel che non smerciano in occasione della Formula 1 lo ripropongono in gare minori, laddove l’attenzione, anche dei controlli, è meno alta.”
L’Italia, dopo anni che nemmeno a dirlo vedevano il GP di Monza sede di bancarelle e ambulanti capaci di proporre di tutto, complice anche la massiccia presenza di tifosi Ferrari che è, ovviamente, il marchio più ambito, la situazione si è progressivamente spostata verso un vero e proprio GP “counterfeit-free”.
“Alcuni di coloro che vendevano merce falsa – ci racconta la Imovilli – la vediamo oggi dedicarsi al bagarinaggio di biglietti, ma anche in quel caso le varie forze di Polizia che presidiano il circuito di Monza limitano quanto più il loro business”.
Lo scorso anno la Formula 1 è tornata in Messico e l’esperienza per chi, come la nostra investigatrice, lavora sul terreno non è stata felicissima. “Purtroppo la disorganizzazione è stata tanta – ci racconta – e poi due elementi che hanno peggiorato il quadro. Da un lato l’approssimazione di alcune forze di polizia, dall’altro la violenza dei soggetti in gioco. Nel primo caso non è infrequente che un appuntamento per le 16 diventi poi nei fatti delle 18, nell’altro che talvolta chi deve intervenire, ammesso appunto che il ritardo lo permetta, ci pensa due volte prima di affrontare certi individui!
Quindi, in qualche modo ridateci i cari vecchi venditori abusivi degli anni’70 che almeno non opponevano troppa resistenza quando venivano scoperti in flagranza a vendere cappellini.
Quanto è grande il fenomeno? Non si sa con esattezza, ma certamente in alcuni GP è, come abbiamo visto anche dai racconti di chi da anni fa questo mestiere in giro per il Mondo, anche superiore al mercato legale.
Per ora, quindi, di Formula 1 false non se ne vedono in pista, al massimo su terrazzi di bar malfamati brasiliani. E se iniziassimo a cercare un falso Hamilton, per rallentare un po’ le Frecce d’argento?